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Insulti e minacce dopo il post su Udine: "Tutto questo è inaccettabile"

"Ho ricevuto minacce che provvederò a far valere perché tutto questo è inaccettabile", ci ha raccontato Serenella Bettin. "Ho trovato tanta omertà per girare quel servizio andato in onda ieri sera sulle baby gang. Invece per aggredire una persona che scrive quello che vede, son tutti leoni da tastiera"

Due giorni di commenti, due giorni di insulti e considerazioni che si limitano a galleggiare sulla superficie delle cose. Quelle che i social ormai ci portano a fare senza il beneficio del dubbio e grazie all'impalpabile sicurezza che ci dà lo schermo dietro il quale nessuno ci vede. Considerazione che, ovviamente, vale per tutte le parti in causa. Il post della giornalista Serenella Bettin, venuta a Udine per girare un servizio sulle cosiddette baby gang per "Fuori dal coro" di Rete4, è diventato più discusso della trasmissione stessa, scatenando un'ondata di reazioni che sta continuando da quasi 48 ore. A questo punto ci preme, ancora una volta, sottolineare una cosa che avrebbe dovuto essere evidente fin da subito: quello di cui si sta parlando è un post pubblicato sui profili social personali di Bettin, non un articolo giornalistico. Ma per il popolo del web, abitato da autori, autrici e da tutte le persone che commentano, non fa differenza: i social sono diventati il luogo dove ci si può sfogare anche senza aver capito bene il contesto. D'altronde, se vale quanto ha scritto su Instagram la stessa Bettin, ovvero "io non sono responsabile di quello che voi capite", vale davvero tutto. 

"Omertà e poca collaborazione"

E così è arrivata la reazione. "Ho ricevuto minacce che provvederò a far valere perché tutto questo è inaccettabile", ci racconta la stessa Bettin. "Ho trovato tanta omertà per girare quel servizio andato in onda ieri sera sulle baby gang. Invece per aggredire una persona che scrive quello che vede, son tutti leoni da tastiera. Ho girato in lungo e in largo ma un trattamento simile non l’avevo mai ricevuto". Le chiediamo cosa significa l'aver trovato omertà e lei ci racconta come ha lavorato per il servizio anadato in onda nella puntata di mercoledì 6 marzo di "Fuori dal coro" su Rete4. "Mi hanno messo dentro un gruppo whatsapp dove tutti si lamentano. Poi, alla fine, quando ho chiesto loro di intervenire, tutti conigli. Ma me l’ha detto anche un autista di un bus. Si sente dal video di ieri sera. Tutti tendono a nascondere. Questa è gente che adora Vannacci, fa commenti allucinanti su immigrati e quant’altro e poi quando chiedi loro 'ok, ora dimmelo davanti una telecamera' rispondono di no, perché han paura", ci scrive la giornalista che, ancora una volta, ci tiene a specificare come il servizio sulle baby gang fosse una cosa e il post in cui descriveva un momento di pausa a Udine un'altra, completamente slegata.

Il nuovo sfogo

E così, oggi, dopo due giorni da quella sventurata uscita social, oggi la giornalista ha pubblicato un nuovo post: uno sfogo a seguito dei tanti commenti che in queste ore hanno riempito le sue bacheche. 

Sono rimasta molto sconcertata dalle offese insulti e minacce - tante - ricevuti per aver pubblicato un post dove raccontavo una serie di aperitivi conviviali alle quattro del pomeriggio a Udine. Il mio voleva essere il racconto di un momento, la fotografia di un pezzo di viaggio, non la descrizione di un popolo e nemmeno l’affermazione di stereotipi o pregiudizi. 
Ma evidentemente, come mi ha scritto qualcuno, ho toccato un nervo scoperto e da qui apriti cielo. Il post è rimbalzato ovunque, ripreso dai media locali, è finito in pasto al tritacarne del web e il ventilatore con attaccato il letame ha iniziato a ruotare colpendo la sottoscritta. 
Ho ricevuto insulti di ogni tipo, alcuni anche molto volgari, che sebbene io abbia un linguaggio e una scrittura colorata, credetemi faccio fatica a ripetere. 
Ma soprattutto qui la gogna si è concretizzata in un processo alle intenzioni, la deduzione di quello che secondo alcuni - tanti troppi - avrei voluto dire, forse dettata da un provincialismo e da un vittimismo sfociati poi in una rabbia e in un odio che mai avevo ricevuto prima d’ora. 
In Friuli ci sono stata diverse volte, e sono stata sempre bene, e mai mi sarei aspettata un trattamento del genere. Anche perché ripeto: lungi da me dal voler screditare un popolo. Ma la mia buona fede corre meno veloce della cattiveria delle persone. Qualcuno mi ha addirittura scritto: “chissà che ti venga il cancro”. Anche perché sarebbe come andare a Napoli e scrivere: qui mangiano il babà per colazione e da qui dedurne che siano tutti diabetici. Questa cosa è folle. Follia pura. Schizofrenia totale. Nel mio post non ho mai pronunciato le parole “alcolizzati” “ubriaconi” e quant’altro, e sebbene sia un post abbastanza colorato, nel mentre lo scrivevo quelle parole che voi avete usato, io non le ho nemmeno mai pensate. Mi sono state messe in bocca. Senza volerle dire. Ma soprattutto sono rimasta ancor di più sconcertata e di questo me ne dolgo dal fatto che la gente ancora non sappia distinguere un post da un articolo o da un servizio giornalistico. Un articolo è uno scritto pubblicato su un quotidiano. Un servizio giornalistico è un prodotto che esce sui media, che possono essere cartacei televisivi radiofonici digitali. Un post invece, non necessariamente deve contenere una notizia, un post è un post, scritto lì nel marasma sociale e culturale di questo pianeta sempre più digitale, è trasmissione di sensazioni, emozioni, è un raccontare e un raccontarsi. Aveva senso farlo? Ma allora dovremmo chiudere i social. Non usarli. Tornare nel fertile oblio delle nostre vite prima che le nostre esistenze venissero traslate sui nastri trasportatori degli impietosi e iniqui social. 
E soprattutto mi ha imbarazzato un’altra cosa. 
E cioè ho fatto molta fatica a far parlare di certe cose, a recuperare informazioni; quella gente che non voleva parlare per paura, poi non ha pensato mezzo secondo a offendere e insultare una donna solo per aver dipinto un quadro colorato di una bella città come Udine. 
Evidentemente, quando si tratta di esporsi per parlare di problemi ben più gravi, hanno tutti paura, invece dietro a uno schermo diventano tutti leoni da tastiera. 
Di tutto questo mi rimane tanto rammarico nel comprendere come i social vi abbiano completamente fottuto il cervello. 
#sbetti

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