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50 anni di Bar Moroldo, un angolo di Carnia a due passi dal centro

Il locale di via Caccia fa festa. A celebrare è anche lo stabile che lo ospita, che compie un secolo

“Chei doi là e son come Don Camillo e Peppone, simpri che si sticin”. Toni è seduto al tavolo con noi e, con il mento, indica due avventori ben oltre i 70 che stanno al bancone. È quasi ora di pranzo e il bar Moroldo si svuota lentamente, così come lentamente si è riempito: ci sono solo uomini attesi a tavola dalle famiglie che, uno alla volta, pagano e se ne vanno. Con la tacita promessa di ritornare. Uomini che da anni, forse decenni, non rinunciano a passare di qua per bersi un taglio prime di là a gustâ. Prima di sbagliare, dovete sforzarvi di leggere le parti in friulano con una cadenza carnica. Anzi, con il modo che hanno solo a Rigolato di parlare. Toni, infatti, è nato su. E non lo nasconde in alcun modo. Alle sue spalle, dietro il bancone, troneggia anche il Cjanton di Cjargno, un angolo con diversi prodotti che arrivano da quella montagna a cui lui non ha mai saputo rinunciare, nonostante il bar Moroldo esista ormai da più di 50 anni.

Anniversario

Già. Questo locale all’angolo tra via Gorizia e via Caccia ha un’intera vita alle sue spalle e, fermandosi un po’ al suo interno, si riesce a respirarne gran parte. A scendere dalla Carnia a Udine sono stati i genitori di Toni, Aldo Moroldo e Alda Candido, lui di Pontebba, lei di Rigolato. “Avevano l’albergo Stazione a Pontebba e quando l’hanno dovuto lasciare siamo rimasti a piedi”. In tutto erano in cinque, compresi il fratello più grande di Toni, Alessandro, e la sorella Ida. Destinazione? Quello splendido palazzo costruito nel 1924 in una crocevia strategico per la viabilità d’ingresso nel cuore della città. “Era il primo dicembre 1973, avevo sette anni, mi ricordo tutto il viavai di attività di quel tempo”. I Moroldo stanno qualche anno in affitto e poi, nel 1980, comprano i locali.

Il bar ha compiuto 50 anni, il palazzo ne compie il doppio. Una ricorrenza festeggiata con una serata funky a inizio dicembre scorso, accompagnata dalle narrazioni di uno dei frequentatori più assidui e affezionati del locale, il poeta meccanico Antonio De Lucia che proprio dall’altra parte dell’incrocio lavorava nell’officina di famiglia. Quella non è l’unica attività di cui si sente la mancanza e che portava giro di clienti. Toni ricorda il deposito della Saita, l’Enel, la sede della Regione, ma anche un negozio di alimentari e altre botteghe. Ora rimane il tabacchino. “E le scuole”, ci dice Toni. “Alcuni professori vengono, ma non i ragazzi. Questo non è un posto che a loro piace”. Alle sue spalle, però, Leonardo sta sfogliando i giornali e, quando serve, si dedica alla clientela: ha 22 anni, una giacca da sci della Carnia e lo stesso sguardo di suo padre. Nel tavolo prima del suo, Meni è fermo alla pagina dei morti del Messaggero Veneto da qualche minuto. 

meni

Avamposto del passato

Moroldo è decisamente un locale d’altri tempi, di quelli amati dagli avventori della prima ora e da quarantenni melanconici che qui ci hanno passato serate al suono di qualche musicista che ora ha deposto gli strumenti per dedicarsi ad altro. L’arredamento in legno fa pensare alla Carnia, il pianoforte alla parete alle note che ha liberato qualcuno, i quadri di Lunazzi a quante vite si sono incrociate qui dentro. Quante idee, quanti aneddoti. Toni ricorda di quella volta che due camion si sono scontrati e ribaltati e il carico di uno è finito nel rimorchio vuoto dell’altro e tutti sono usciti in strada a guardare. “Per sapere le cose che son successe dentro il bar devi parlare con Tonino”. De Lucia, che con Moroldo condivide il nome, potrebbe passare ore a rievocare momenti pittoreschi. Toni ci lascia la bottiglia di rosso sulla tavola e, senza che gli venga richiesto, appoggia anche un tagliere con fette di salame e formaggio. La stufa, con l’ultimo ceppo di legna messo dentro da Leonardo, sbuffa il suo caldo regalandocelo. Se hai tempo e fai le domande giuste, Toni ti può raccontare anche la sua versione della Carnia, della sua Rigolato. “La nostra società tritura tutto, anche la Carnia scompare”, ci racconta da dentro il suo maglione color nostalgia. 

vetrina

Fuori suonano le campanelle, passano le generazioni, aumenta il traffico. Dentro resiste un avamposto del Friuli, di quelli che ti lasciano intuire che per andare in bagno dovevi uscire nel cortile, di quelli dove ogni Don Camillo troverà sempre un Peppone a fargli compagnia. E un buon taglio di rosso che non gli bucherà lo stomaco. 

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