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Lavoro

Smartworking: quasi il 75% delle aziende private del Friuli Venezia Giulia non lo vuole

Ma rispetto al periodo pre pandemia il numero dei dipendenti pubblici e privati che utilizzano il lavoro agile è passato dal 2,5% al 12,5%: la maggior parte sono donne

In Italia, il decreto Aiuti ha prorogato lo smart working fino alla fine dell’anno senza la sottoscrizione degli accordi individuali. Ma secondo un'indagine condotta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, solo il 22% dell'aziende private vuole proseguire con questo tipo di lavoro agile. Ci si interroga, quindi, su cosa serve davvero alle aziende private per proseguire su questa strada e quali sono gli elementi che frenano questa rivoluzione nel mondo del lavoro? Su questi temi si sta sviluppando un progetto della Regione che si intitola Agile Fvg, in collaborazione con l’università di Udine e l’agenzia Lavoro & SviluppoImpresa. Un progetto che ha l'obiettivo di mappare le necessità delle aziende private regionali in modo da agevolare, con politiche ad hoc, il lavoro a distanza. "Questo progetto - spiega l'assessore al lavoro, formazione, istruzione, ricerca, università e famiglia Alessia Rosolen - favorirà le politiche attive del lavoro, l’innovazione e la trasformazione digitale, il benessere e la qualità della vita dei lavoratori nonché la trasformazione digitale". Per raggiungere questi obiettivi è necessario una decisa pianificazione urbana per prevedere aree di coworking utilizzabili da più persone in smart working, non necessariamente della stessa ditta.

Nel dettaglio

Il Comitato tecnico scientifico del progetto lavora alla stesura di un vademecum da consegnare agli imprenditori e a tutti i dipendenti per informarli sulle norme in vigore, sull’applicazione dei contratti di lavoro agile e sulla diffusione di strumenti abilitanti. "Analizzeremo la diffusione del fenomeno prevedendo servizi e spazi da mettere a disposizione delle aziende per chi deciderà di adottare il lavoro agile" assicura l’assessore. Tra ottobre e novembre seguiranno gli incontri con i soggetti coinvolti per definire le eventuali forme di collaborazione. In questo contesto non mancherà l’analisi delle esperienze in corso.

Le prossime mosse

Il cronoprogramma prevede la mappatura degli spazi di coworking, sia nelle città Udine, Pordenone e Trieste ma anche nell'aree montane. Spazi che possano essere utilizzati da più aziende per abbattere i costi. Probabilmente i comuni potrebbero mettere a disposizione edifici dismessi o strutture dedicate. Si tratta di un percorso più complesso che mira a ripopolare i borghi storici e le aree montane, attraverso l’incentivazione dello smart working.

Da parte delle aziende

Tra le criticità che frenano lo smart working gli imprenditori hanno segnalato prima di tutto che alcune tipologie di attività non si prestano proprio ad essere svolte a distanza. Ma soprattutto le difficoltà per il monitoraggio del lavoro da remoto, il timore di perdere i contatti umani con i dipendenti e gli investimenti per garantire i collegamenti digitali. Minima la percentuale di chi ritiene eccessivi i costi per applicare la normativa sul lavoro agile.

Le richieste

A fronte dei dubbi le aziende che vorrebbero ricorrere allo smart working si trovano di fronte alla necessità di piattaforme Ict adeguate, a dover riorganizzare gli spazi adibiti a uffici. Inoltre, vorrebbero avere corsi di formazione mirati per i lavoratori che accettano di lavorare da casa anche per affinare le competenze digitali e accordi che prevedano la presenza in azienda dei lavoratori in determinati giorni della settimana. 

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