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Entro un mese verrà chiusa la sede Aedis in viale 23 Marzo: i minori saranno spostati fuori Udine

Dopo un incontro condotto dal prefetto di Udine Massimo Marchesiello tra l'amministrazione comunale, rappresentata dall'assessore all'Equità sociale Stefano Gasparin (Pd) e Aedis, si è deciso di recedere dagli appalti con il Comune per ricollocare in altra sede i minori presenti in quella struttura

Dopo i continui episodi di disagio legati alla struttura di accoglienza per minori stranieri gestita da Aedis in viale 23 Marzo, il Comune di Udine ha trovato un accordo con la cooperativa: entro il 25 settembre Aedis recederà dunque dagli appalti con l'amministrazione udinese per ricollocare in altra sede i minori presenti in quella struttura, liberando così i locali. Inoltre, Aedis ha sottolineato la volontà di potenziare la sicurezza all'interno della struttura in questione in questo ultimo periodo di attività, anche a tutela degli operatori presenti. Nei giorni scorsi, l'assessore alla Salute e all'Equità sociale Stefano Gasparin aveva voluto rassicurare la cittadinanza udinese. "Stiamo affrontando con determinazione la situazione emersa in questi giorni. Da mesi sto personalmente lavorando in silenzio, a stretto contatto con le autorità competenti per affrontare questo tema su tutto il territorio cittadino. Il nostro obiettivo primario è creare un ambiente in cui sia possibile convivere in armonia. Stiamo lavorando a stretto contatto con le forze dell'ordine, i servizi sociali e gli enti coinvolti per affrontare le questioni evidenziate e per promuovere il benessere di tutti gli abitanti”, aveva dichiarato. E ora la decisione: per raggiungere l'armonica convivenza i minori saranno spostati fuori dal territorio comunale udinese. 

Come dovrebbe funzionare

Per fare un po' di chiarezza, proviamo a spiegare come dovrebbe funzionare il sistema di accoglienza delle persone più giovani. I minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia non possono essere respinti: hanno diritto ad essere correttamente identificati e collocati in una struttura di prima accoglienza a loro dedicata, così come stabilito dalla legge 47/2017. Questa la nota all'art. 4 con il testo del comma 1 dell'art.19 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142:

(...) Le strutture di prima accoglienza sono attivate dal Ministero dell'interno, in accordo con l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura, e gestite dal Ministero dell'interno anche in convenzione con gli enti locali. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per i profili finanziari, sono fissati le modalità di accoglienza, gli standard strutturali, in coerenza con la normativa regionale, e i servizi da erogare, in modo da assicurare un'accoglienza adeguata alla minore età, nel rispetto dei diritti fondamentali del minore e dei principi di cui all'art. 18. Durante la permanenza nella struttura di prima accoglienza è garantito un colloquio con uno psicologo dell'età evolutiva, ove necessario in presenza di un mediatore culturale, per accertare la situazione personale del minore, i motivi e le circostanze della partenza dal suo Paese di origine e del viaggio effettuato, nonché le sue aspettative future. La prosecuzione dell'accoglienza del minore è assicurata ai sensi del comma 2. 

In particolare, il decreto legislativo n. 142 del 2015 disciplina il sistema di accoglienza specifico per minori non accompagnati, che comprende due livelli di accoglienza, con operatori e strutture specializzati al fine di garantire il loro "superiore interesse". Con risorse europee dovrebbero essere finanziati interventi per realizzare strutture di prima accoglienza ad alta specializzazione, mentre il secondo livello di accoglienza per minori non accompagnati è organizzato prevalentemente all’interno del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (ex Siproimi oggi Sai, Sistema di accoglienza e integrazione). 

Come funziona

I continui cambi in seno al ministero dell'Interno, che regola l'accoglienza (non solo dei minori), non hanno aiutato la fluidità del sistema, con sigle e controsigle (Cpsa, Cda, Cara, Cid, Cie, Cpr, Sprar) a definire i vari tipi di servizi. Le questioni sono molteplici e riguardano più livelli di intervento: da una parte chi gestisce le strutture, dall'altra chi deve essere gestito e come. In mezzo lo Stato e gli enti preposti. Da una parte i soldi che servono per la gestione dei servizi, dall'altra come vengono spesi. Un esempio: la retta media per persona adulta (quindi non minore) era fino a dicembre 2018 di 35 euro a persona accolta al giorno. Il decreto Salvini ha abbassato queste rette, poi rialzate dopo la riforma Lamorgese, ma il taglio ha limitato fortemente i servizi per l’integrazione, che vanno dall’insegnamento della lingua italiana, alla formazione professionale, fino alla gestione del tempo libero. Tutto questo ha inciso primariamente, infatti, sulla possibilità di inserimento di figure professionali all'interno delle strutture di accoglienza e sulla capacità delle cooperative di partecipare ai bandi territoriali per la gestione dei servizi. La conseguenza è che sono stati incentivati a partecipare ai bandi soprattutto soggetti privati meno interessati alla qualità del servizio offerto e al benessere delle persone e più al profitto. 

In Regione

«La situazione è decisamente confusionaria», aveva dichiarato ad inizio anno l'assessore regionale all'immigrazione Pierpaolo Roberti. «Noi come amministrazione regionale abbiamo competenze limitate, perché si tratta di una disciplina di norme statali», continuava Roberti precisando il fatto che oltretutto la responsabilità iniziale va in capo al sindaco del comune dove la persona minore è stata trovata e identificata e, in seconda battuta, al tribunale dei minori. «Quel che noi possiamo fare è regolamentare l'idoneità delle strutture e chiedere chiarezza sui costi: abbiamo assistito ad una crescita di richieste degli enti gestori che negli ultimi anni hanno aumentato sensibilmente il costo della tariffa giornaliera. Noi non possiamo fissare il prezzo, ma chiediamo che ci vengano comunicati quelli medi applicati e noi, come Regione, copriamo la differenza con il contributo statale che non sempre copre il totale». Questa è una scelta del Friuli Venezia Giulia e l'assessore Roberti specificava, infatti, che non tutte le regioni italiane fanno altrettanto.

Le strutture che accolgono

Affinché venga aperta una struttura ci sono sostanzialmente due requisiti richiesti: il parere dell'Asl per quanto riguarda gli aspetti sanitari e di sicurezza e l'accreditamento del Comune di pertinenza. L’attività di vigilanza e di controllo in materia di autorizzazioni è svolta dai Comuni con il supporto dei servizi sociali dei Comuni stessi per la valutazione dei requisiti organizzativi e gestionali, di personale e di standard assistenziale e dell’Azienda sanitaria territorialmente competente per gli aspetti relativi ai requisiti igienicosanitari. Questa vigilanza si estende anche alla verifica della permanenza dei requisiti professionali degli operatori, nonché al rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro e su ogni altro aspetto che incide sull’erogazione del servizio. Ciò significa che per capire se quanto succede all'interno delle strutture si svolge nel pieno rispetto delle regole e degli statuti delle cooperative, sono gli stessi Comuni a doversene occupare. Nel caso della struttura di viale 23 Marzo gestita da Aedis, così come di quella di piazzale Cella gestita da Hanna House, l'autorizzazione era stata firmata e rilasciata dall'allora primo cittadino udinese Pietro Fontanini. 

Il caso Aedis

Nel pomeriggio di ieri, venerdì 25 agosto, l'incontro tra il Comune di Udine e Aedis è stato guidato dal prefetto Massimo Marchesiello. Dopo uno scambio di opinioni, le parti coinvolte hanno raggiunto l'accordo per risolvere la questione, concordando a pieno consenso la risoluzione del servizio di pronta accoglienza presso la sede di viale 23 marzo. L’assessore alla Salute ed equità sociale, Stefano Gasparin si è dichiarato soddisfatto dell’esito. “Era importante muoversi rapidamente su un tema così delicato per garantire la sicurezza sia dei minori che dei cittadini. Abbiamo trovato una soluzione con Aedis che ci consente di risolvere la situazione in tempi brevi, liberando definitivamente la struttura e ricollocando al di fuori del Comune i ragazzi presenti. Ringrazio il Prefetto per aver facilitato l’esito di questo incontro e ringrazio in nodo particolare anche i cittadini residenti nella zona, con cui abbiamo avuto fin da subito un confronto diretto e che si sono rivelati assolutamente disponibili a collaborare per trovare una soluzione”. Michele Lisco, presidente di Aedis ha commentato: “Dopo una lunga collaborazione con il Comune di Udine, le nostre strade si dividono per motivazioni tecniche e di opportunità. Con questo incontro abbiamo definito un termine consensuale nella chiusura del rapporto”.

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