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Uil Fvg: lavoro in regione, ripresa ancora debole e intermittente

Conferenza di organizzazione questa mattina della UIL regionale. I lavori sono stati aperti da un minuto di silenzio per l'operaio morto oggi sul lavoro a Monfalcone. Menis (UIL): "La crisi ha messo a dura prova i fondamentali dell'economia regionale. Tre aree regionali di crisi diffusa"

“In Friuli Venezia Giulia la disoccupazione è di 4 punti più bassa di quella nazionale, ma non possiamo ignorare il fatto che i disoccupati sono 20.000 in più rispetto alla fase pre-crisi e che, nello stesso periodo, i part-time involontari sono cresciuti di 30.000 unità, passando dal 20 al 50% circa del totale”.

E’ partendo da questi dati che il Segretario della UIL del Friuli Venezia Giulia Giacinto Menis ha avviato una riflessione sulla situazione economica regionale, aprendo con la sua relazione introduttiva la Conferenza di organizzazione in corso oggi a Villa Manin di Passariano incentrata sul tema “Lavoro è futuro”, alla presenza del Segretario Generale della UIL Carmelo Barbagallo e del Segretario Organizzativo Pierpaolo Bombardieri, dopo un minuto di silenzio per l’operaio bosniaco di 41 anni, operaio di una ditta di appalti che lavorava in un cantiere di Monfalcone, morto questa mattina in un infortunio sul lavoro. “I colleghi hanno già proclamato lo sciopero e devolveranno un’ora del loro lavoro alla famiglia della vittima”, ha esordito Menis prima di entrare nel vivo dei lavori.

UilNel 2016, i posti di lavoro salvaguardati dalla Cig sono stati circa 9.000, contro i 10.500 dell’anno precedente. Un lieve miglioramento, certo, che sarebbe però temerario attribuire ad una solida ripresa economica, visto che sulla riduzione della cassa hanno fortemente influito gli effetti della progressiva scomparsa della Cig in deroga e dell’aumento dei costi per l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, per non dire del blocco autorizzativo dell’INPS - ha proseguito Menis (nella foto a sinistra) -. Nel periodo 2015-2016, il 72% delle ore autorizzate ha riguardato la Cassa Integrazione Straordinaria: un’incidenza mai raggiunta nell’ultimo decennio, a dimostrazione del carattere strutturale della crisi”.

“I segnali di ripresa sono ancora deboli e intermittenti”, ha chiarito ancora Menism ricordando comunque i casi della vertenza Electrolux, che ha riguardato circa 5 mila lavoratori sul territorio nazionale e che si è chiusa positivamente, preservando occupazione e salario, e della Ferriera di Servola, “il cui destino sembrava già segnato con una chiusura annunciata entro il 2015, ma che con l’arrivo della nuova proprietà e la firma dell’accordo di programma ha visto l’avvio degli interventi per il risanamento aziendale e l’attivazione di nuove produzioni, con la conseguente crescita occupazionale”. “L’unico terreno praticabile ha aggiunto - è quello del rispetto rigoroso degli impegni assunti, in modo da far convivere, osservandole tutte, le ragioni della salute e quelle del lavoro, le ragioni dell’ambiente e quelle della produzione”.

Ma la crisi non può considerarsi ancora alle spalle; “ha investito pesantemente l’intera regione, mettendo a dura prova i “fondamentali” della sua economia, se non pure quelli della sua specialità istituzionale”. “Abbiamo tre aree regionali di crisi diffusa: quella del distretto del mobile, quella del distretto della sedia e quella dell’Isontino. C’è, inoltre, l’area di crisi complessa che riguarda l’intera Zona Industriale di Trieste – ha proseguito Menis nel suo intervento -. A pesare in maniera decisiva sull’arretramento produttivo e sugli impatti occupazionali sono state le tante piccole e piccolissime imprese scomparse silenziosamente”.

Il “modello Nord-Est”, rappresentato da una moltitudine di Pmi manifatturiere operanti in settori tradizionali a media tecnologia, “non basta più a reggere la competizione sul fronte dei costi lanciata dalle economie emergenti”. “In una parola, bisogna elevare il valore aggiunto dei prodotti”. “Ed è su questo terreno che chiamiamo l’amministrazione regionale a moltiplicare i propri sforzi, promuovendo e incentivando politiche industriali capaci di favorire l’innovazione, l’internazionalizzazione, l’integrazione delle piccole e piccolissime imprese, l’accesso al credito, i servizi alle imprese, la formazione e le politiche attive del lavoro – ha proseguito Menis -, Insomma, azioni di sistema in grado di sostenere il rilancio del nostro tessuto produttivo, accompagnando l’evoluzione verso nuovi processi produttivi all’insegna della competitività, della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale d’impresa. Adottando una strategia che parta dalla difesa e valorizzazione del tessuto industriale esistente, sopperendo alla sua debolezza dimensionale con la crescita incentivata di network collaborativi, favorendo l’evoluzione del sistema dei distretti verso forme di reti d’impresa, sfruttando anche l’importante dotazione di centri scientifici e di ricerca della regione”. Tutte questioni che, nel medio termine, potranno trovare risposte con un più incisivo finanziamento di “Rilancimpresa”. “Siamo però dell’idea che, nell’immediato, tale intervento debba essere integrato da altre misure, quali la fiscalità di vantaggio e l’investimento sulle risorse umane, con politiche attive del lavoro”, ha proseguito Menis, richiamando sul punto la necessità dell’avvio “urgente” di un confronto con il governo regionale sul ruolo del sistema della formazione professionale”. 

E’ in questo scenario che anche il sindacato, ancora vittima di attacchi frontali di chi vorrebbe “espropriarlo della sua funzione di rappresentare le esigenze dei lavoratori, dei pensionati e delle fasce più deboli della società, privandolo del suo ruolo “naturale” di agente contrattuale e di autorità salariale”, deve operare, nelle forme che gli sono proprie, quelle della proposta, sostenuta, quando necessario, anche dalla mobilitazione.

“Non c’è altro modo che ripartire da noi stessi, dalla nostra capacità di proposta e di azione ma, soprattutto, dal nostro radicamento sui luoghi di lavoro e sul territorio, rafforzando la nostra prossimità con le persone, cogliendo i bisogni e tutelando gli interessi dei lavoratori e dei pensionati – ha concluso Menis -. In quest’ottica, e partendo dai giovani, ma andando ben oltre, è necessario rafforzare il nostro impegno anche verso i lavoratori autonomi e atipici, portatori di bisogni di rappresentanza e tutela collettiva, ma in molti casi bisognosi di assistenza individuale, a cui fornire risposte. In questo senso, facciamo nostra l’idea di una “tessera” specifica per i giovani, attraverso cui ottenere servizi, informazioni, formazione, contatti, conoscenze sul mondo del lavoro”. Grande attenzione è riservata anche alle donne che ancor oggi si contrano con maggiori “difficoltà nell’accesso al lavoro, nello sviluppo della carriera e nel percorso, troppo spesso compiuto in solitudine, della difficile conciliazione tra lavoro ed esigenze di cura”.

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