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Nuovo, piccolo e silenzioso: viaggio sull'autobus 14 (che passa poco per il centro storico)

Seconda puntata dedicata agli autobus udinesi: dopo l'articolo su come ottenere il titolo di viaggio per salire sui bus cittadini, abbiamo deciso di fare un giro sulla linea più nuova, la 14, ovvero la circolare che dovrebbe sostituire i tragitti del centro storico

Dopo il nostro primo articolo dedicato a come acquisire i titoli di viaggio per utilizzare il sistema di trasporto pubblico cittadino, questo è il racconto del viaggio che abbiamo fatto sulla linea 14, la circolare dedicata al centro storico che, per la prima volta nella storia del trasporto urbano cittadino, utilizza solo mezzi elettrici.

"La 14"

Una qualsiasi mattina di marzo, a Udine. Assisto a questa scena, in zona stazione: una signora distinta e ben curata si rivolge all’autista della nuova linea circolare pensata per il centro storico di Udine, la 14. Gli chiede se la navetta passa per una certa via e, in caso, quanto ci mette ad arrivare. L’autista le risponde che la fermata più vicina è in via Vittorio Veneto e ci vorrà più o meno mezz’ora. Lei scuote la testa. Le chiedo se usa sempre l’autobus, lei mi risponde che lavora in centro da sempre, ha un negozio. “Non ho nessuna intenzione di pagare tutti quei soldi per parcheggiare l’auto ogni giorno in centro, esco a piedi o in bus. Volevo capire come funzionava questo nuovo servizio, ma se fa il giro solo da una parte, faccio prima a camminare”. Ringrazia e prima di andarsene chiede dove può trovare informazioni e biglietti, l’autista le indica la biglietteria a pochi metri, dove c’è tutto quel che le serve. Guardo dentro la navetta, è vuota. Scambio quattro chiacchiere con l’autista, mi dice che le persone stanno cominciando a prendere confidenza con questa nuova linea e, rispetto ai primi giorni in cui non saliva proprio nessuno, adesso qualcuno la usa. “Soprattutto gli abitudinari”. In quel momento sale una ragazza che, entrando, saluta. “Ecco, lei sale sempre alla stessa ora”, dice l’autista prima di chiudere le porte e partire, con solo lei a bordo. Decido così che uno dei prossimi giorni, mi farò un bel giro sulla 14.  

14

Il mio viaggio

Arrivo in stazione e attendo. La fermata è sul lato di via Roma: il 14 non si ferma davanti alla biglietteria come tutte le altre linee, ma qualche metro indietro. Un piccolo foglio plastificato che indica il percorso è legato a un palo. Non devo attendere molto prima di vedere il bus spuntare da piazzale D’Annunzio e appena arriva decido di salire, cosciente del fatto che aspetterò dieci minuti prima che parta. A bordo solo un signore sulla settantina e tanto caldo. I bocchettoni dell’aria condizionata sbuffano creando un piacevole tepore, in contrasto con il vento freddo degli ultimi giorni d’inverno che entra dalle porte rimaste aperte nell’attesa che qualcun altro salga. Eccolo, un altro signore, sempre anziano. Le porte si chiudono, si parte. Dopo qualche minuto, il fresco che veniva da fuori non contrasta più con l’aria calda all’interno dell’autobus. È eccessiva, mi devo togliere il cappotto. Io e uno dei due signori ci guardiamo con la coda dell’occhio, ci sorridiamo. “Cjaldut”, mi dice. Lo vedo che traffica con il contenuto di un porta documenti, spunta un abbonamento. In effetti, in tutto il tragitto, non ho visto nessuno obliterare biglietti. Penso che probabilmente questa è una linea usata per lo più da pendolari o persone che usano gli autobus frequentemente. Oltre a noi tre non sale nessun altro, solo un signore in via Marco Volpe che saluta calorosamente l’autista, viene ricambiato, e scende alla fermata successiva. La navetta è così poco rumorosa che il silenzio a bordo è quasi imbarazzante. Tutto è nuovo, tutto è pulito, tutto è in ordine. Non sale nessuno, non scende nessuno. Il bus finalmente entra in centro, transitando per via Anton Lazzaro Moro. Tra cordolo della ciclabile e auto in sosta si passa a filo. In via Mantica, invece, la ciclabile scompare: qualche ciclista è costretto a fermarsi e salire sul marciapiede. Alcuni passanti ci guardano, mi sento un animaletto da esposizione: il transito per queste vie così strette è lento e le persone che camminano sono proprio a poca distanza dalle vetrate della navetta. In fondo a via Mazzini si svolta verso via Gemona (la fermata di piazzetta San Cristoforo al momento è sospesa per lavori) e una volta arrivati di fronte al laghetto un’improvvisa ventata di vitalità: salgono quattro donne con sette bimbi, probabilmente sono educatrici di un nido d’infanzia. Una di queste ha un passeggino doppio, riesce a salire con un po’ di fatica (l’entrata non è di quelle che si abbassano consentendo l’ingresso alle carrozzine) e poi entra il resto della comitiva. I bimbi sono piccoli, riesco a capire che una bambina di quelle nel passeggino si è addormentata con il dondolio dell’autobus. Gli altri si guardano in giro con gli occhi sgranati e uno, il più vivace, fa un sacco di domande. Le educatrici si chiedono se qualcuno di questi piccoli sia mai salito su un autobus prima d’ora. Sarà per loro senz’altro una piacevole esperienza. Essendo una navetta di dimensioni ridotte, la presenza di questa piccola ma vivace comitiva cambia molto l’atmosfera a bordo. Usciti da via Gemona ritorniamo sull’anello esterno della città per poi rientrare da viale Trieste e, attraverso via Treppo, prendere via Manin, via Vittorio Veneto e via Aquileia. Nel frattempo, qualcuno è salito, qualcuno è sceso. Mi accorgo che il signore con cui ci eravamo scambiati un sorriso alla partenza è ancora a bordo. Proprio come me ha fatto l’intero percorso della “circolare”, forse per curiosità. Una volta tornati in stazione ci guardiamo per un istante e mi dice: “Beh, è stato rilassante!”. “È vero, mancava solo un po’ di musica di sottofondo!”, gli rispondo. Ci sorridiamo ancora una volta prima di scendere e lasciare a bordo solo i bimbi con le educatrici. Loro proseguono il tour della città nell’attesa si faccia ora di pranzo. 
 

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