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A Tina, che Udine ancora fatica a considerare

Fino a domenica 28 gennaio è visitabile la mostra "Tina Modotti - L'opera" a Palazzo Roverella a Rovigo, curata dall'udinese Riccardo Costantini

C’è tanta Udine, da qualche mese a questa parte, a Rovigo. Due città che, per certi versi, si somigliano un po’, provinciali quel tanto che basta da correre il rischio di diventare anonime e piazzate in mezzo a territori che potrebbero risucchiarle. Ad accomunarle, da fine settembre e fino alla prossima domenica 28 gennaio, è la grande mostra sull’opera di Tina Modotti (Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, il suo nome per esteso). Un’esposizione con più di 300 opere per raccontare una delle più importanti fotografe del XX secolo, la più completa  mai organizzata in Italia sulla sua opera. Tinissima, udinese di nascita, che da bambina parlava friulano e tedesco ma non italiano, che emigrò per necessità negli Stati Uniti da adolescente e poi si guadagnò il Messico per volere. Una donna con le idee chiare che sapeva imparare presto, si trattasse di un mestiere o di una nuova lingua da parlare e scrivere. Una udinese che la sua stessa città continua a considerare troppo poco, prendendo atto dell’importanza del suo lavoro e la significanza della sua persona.

Dagli Stati Uniti a Udine sulle tracce di Tina Modotti

Ma se questa mostra così densa si è realizzata è per l’azione di taluni suoi corregionali, che si sono impegnati in un lavoro di ricerca e di cura che ha fruttato a Palazzo Roverella un incredibile numero di accessi. Partiamo dall’udinese Riccardo Costantini, del direttivo di Cinemazero, associazione culturale pordenonese dai cui archivi sono uscite la maggior parte delle opere che hanno formato la grande mostra su Modotti. Con lui l’architetto Gianni Pignat e un altro membro del direttivo di Cinemazero, Piero Colussi. Un lavoro che parla friulano e che, oltre alla mostra, ha prodotto un significativo catalogo ricco di immagini e parole che tratteggiano Modotti attraverso la sua opera, restituendo alla sua vita un peso specifico spesso strumentalizzato o sminuito. 

Foto dalla pagina Facebook di Palazzo Roverella

mostra tina modotti

Udine poi compare nella sua biografia e nei video che la ripercorre, al termine dell’esposizione. Piazza Libertà, San Giacomo e, naturalmente, via Pracchiuso. In quella casa mai diventata museo ma che parla di lei con la sua facciata. Città provinciale e contadina, viene presentata così, Udine. Città che le ha dedicato una mostra nel 2015, a 36 anni dalla precedente (correva l'anno 1979) ovvero quella che fino ad allora era considerata la più esauriente esposizione sulla vita e sull’opera di Modotti mai realizzata, una mostra divenuta itinerante e in seguito proposta in molte città italiane ed europee. Di lei in città rimane un piccolo gioiello come l’ex Mercato del pesce, che ora porta il suo nome. Ma è difficile pensare che questo basti affinché i più, in città, sappiano qualcosa di lei, la ricordino, la conoscano. Rovigo dista 200 chilometri, rimane una settimana per visitare la mostra dedicata all’opera di Tina Modotti, riscoperta nel 1977 grazie a una retrospettiva al Moma di New York e da allora riconosciuta ovunque nel mondo. O quasi. 

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