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Cronaca

Giulio Regeni, la verità sul sequestro arriva dai tabulati telefonici

Secondo quanto rivelato da Repubblica il giovane ricercatore sarebbe stato bloccato in piazza Tahrir, quel giorno al centro di scontri tra polizia e manifestanti. Intanto arriva anche il sostegno ufficiale delle istituzioni comunitarie

Giulio Regeni sequestrato in piazza Tahrir? La rivelazione emergerebbe dallo studio delle celle telefoniche a cui il ricercatore si sarebbe agganciato il 25 gennaio, giorno della sua scomparsa: niente sequestro tra la sua abitazione a Il Cairo e la metro di Dokki, ma nella celebre piazza, quella sera controllata dagli agenti del generale Khaled Shalaby, l'uomo che ha fornito più di una versione sul ritrovamento del cadavere dello studente friulano e che al termine di una giornata di scontri e operazioni di polizia parlò di «diciannove egiziani e uno straniero arrestati». E questo, come riporta il quotidiano "la Repubblica", sembra dare ulteriore impulso alla tesi del depistaggio da parte delle autorità egiziane. 

IL GENERALE. Shalaby, capo della polizia di Giza, è l'ufficiale che il 3 febbraio, il giorno del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, parlò prima di «incidente stradale», poi riporterà il particolare dei pantaloni abbassati e infine riferirà di aver visto il corpo così distrattamente da non aver notato segni di tortura. Versioni contrastanti, insomma. Nei giorni successivi agli arresti di piazza, emerge che gli stranieri arrestati sarebbero stati due, uno turco e l'altro di nazionalità imprecisata, forse americano. Proprio quest'ultimo sarebbe stato fermato in un caffè e accusato di «incitare a scendere in piazza in occasione della ricorrenza della rivoluzione del 25 gennaio». Una circostanza importante alla luce di quanto emerso con lo studio delle cellule telefoniche, una circostanza taciuta dagli inquirenti egiziani. Il cittadino straniero fermato quel giorno nella capitale egiziana sarà stato proprio Giulio Regeni?

LA VERSIONE DELLA UE. Intanto sembra che anche le istituzioni comunitarie vogliano maggiore chiarezza. La chiave - come riporta il Corriere della Sera - è nel termine utilizzato dallo staff di Federica Mogherini - “Lady Pesc” - suo arrivo al G7 dei ministri degli Esteri in Giappone. Ha precisato che è importante  «confrontarsi anche sul modo migliore in cui sostenere le decisioni italiane nei confronti dell’Egitto sul caso Regeni». «Sostenere», è questa la parola inserita nel comunicato per far sapere che l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari Esteri è schierata al fianco del nostro Paese nella crisi diplomatica che lo oppone all’Egitto.

LE NAZIONI UNITE. L’Unione Europea - come sottolinea il quotidiano milanese - è in cima alla lista, ma contatti saranno attivati anche con le Nazioni Unite facendo leva sul mancato rispetto dei diritti umani e sul recepimento delle direttive internazionali che in moltissimi Paesi prevedono condanne severe per il reato di «tortura». Si cercherà di «isolare» l’Egitto, mettendolo in mora proprio per aver consentito che un giovane potesse finire nelle mani «esperte» di chi lo ha sottoposto a sevizie indicibili fino a farlo morire.         
        

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