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Care vecchie province, il centrodestra ci riprova

Primo passo per la reintroduzione delle Province in Friuli Venezia Giulia. Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza - con il voto favorevole di 24 consiglieri del centrodestra e il no dei 15 rappresentanti delle opposizioni - la proposta di legge nazionale che ripristina la possibilità di istituire enti di area vasta a elezione diretta

Agli uni non era andata giù la riforma di qualche anno fa, agli altri non va giù quello che considerano un vero e proprio passo indietro: maggioranza e opposizioni in regione sono muro contro muro nella discussione dedicata all'esame della proposta di legge focalizzata sul tema delle modifiche alla legge costituzionale 1/1963 (Statuto speciale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia) in materia di Enti locali. In altre parole, il centrodestra vuole far rinascere le province e l'opposizione storce visibilmente in naso. 

L'approvazione

Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza - con il voto favorevole di 24 consiglieri del centrodestra e il no altrettanto compatto dei 15 rappresentanti delle opposizioni - la proposta di legge nazionale che in sei articoli ripristina la possibilità di istituire enti di area vasta a elezione diretta, rimandando a una successiva legge regionale la specificazione di funzioni amministrative e confini. Trattandosi di una legge di rango costituzionale, sarà però necessario attendere i passaggi in Parlamento prima di poter dare forma concreta al ritorno delle Province. . Nella relazione illustrativa che ha preceduto il voto finale sulla proposta di legge nazionale - dopo che tutti gli articoli erano passati senza sorprese al momento del voto - il relatore di maggioranza Lorenzo Tosolini (Lega) ha ribadito il punto di vista di giunta e maggioranza. "L'ente intermedio venne ritenuto l'anello debole della catena istituzionale in base a un'onda emozionale e mediatica, tanto che il Fvg decise di cancellare le Province dallo Statuto di autonomia con la legge costituzionale del 2016. Ma questi enti fanno parte della storia politica di questa regione e le loro funzioni non possono essere allocate altrove, perché non ha senso che la Regione debba occuparsi anche di atti e finanziamenti minuti: dobbiamo perciò tornare ai tre livelli amministrativi e agli enti di area vasta". In sede di dichiarazione di voto finale è intervenuto il solo Furio Honsell (Open Sinistra Fvg) per ribadire il suo no: "Il dibattito non ha chiarito cosa debba fare questo nuovo ente intermedio e io vedo il rischio che si moltiplichino le erogazioni da parte degli enti. A questo punto spero che questa proposta di legge si impantani in Parlamento e non concluda il suo iter". 

La discussione

Ad aprire la serie di interventi l'esponente di Fratelli d'Italia, Alessandro Basso, che ha esordito specificando la volontà del Centrodestra di provvedere ad adottare le contromisure ritenute adeguate davanti "alla decisione presa in passato da altri, sbagliando, che aveva portato all'abolizione delle Province e alla generazione delle Uti". Sul fronte dei democratici, Sergio Bolzonello (Pd) ha anticipato di parlare "con cognizione di causa e coerenza di pensiero, considerato anche il mio pensiero di lunga data contrario alle province e anche alle Uti. Rimetterle in piedi vuol dire che, tra 5-10 anni, saremo di nuovo qui a dire le stesse cose. Si può pensare a un Friuli Venezia Giulia senza province, ma che per l'interlocuzione tra Comuni e Regione sappia comunque trovare un ente che non gravi ui cittadini, sia come costi che come burocrazia". Categorici i colleghi di partito Francessco Russo ("Questa norma è poco più che propaganda e certifica il fallimento di un tema al centro della scorsa campagna elettorale, rischiando di esserlo anche nella prossima, visto che in questi anni non è stato fatto nulla. Non serve un modello intermedio elettivo ritagliato su modelli del passato ma, piuttosto, si faccia un referendum e si ascoltino i cittadini") e Cristiano Shaurli: "Questa mattina abbiamo festeggiato un compleanno importante - riferendosi al 60° anniversario dello Statuto di Autonomia - e alcuni spunti dovrebbero farci riflettere. Il giovane Piccin ha chiesto lungimiranza e innovazione, senza guardare al passato, ma non vedo nulla di lungimirante e innovativo". Massimo Moretuzzo (Patto per l'Autonomia), ricordando "il caldo dibattito del 2018 e che il reinserimento delle Province era stato garantito con una norma di attuazione dello Statuto di autonomia", ha proseguito ribadendo che "ora si accorgono che invece non bastava, chiedendo al Parlamento di apportare una nuova modifica".

Più consiglieri 

Un emendamento alla stessa proposta di legge 19 - approvato anch'esso a maggioranza, con l'emiciclo diviso in due poli e senza astensioni - è intervenuto sulla composizione del Consiglio regionale rendendo fisso il numero degli eletti, che saranno 49 a prescindere da ogni variazione di popolazione residente, al contrario di quel che avviene oggi con la previsione di 1 consigliere ogni 25mila residenti. "Andiamo a risolvere - ha spiegato Pierpaolo Roberti, assessore alle Autonomie locali - un problema riscontrato quest'anno e legato all'introduzione del censimento permanente, che rende possibile capire il numero esatto dei residenti solo in prossimità del voto, tant'è vero che ancora oggi non abbiamo l'assoluta certezza che la prossima assemblea sarà composta da 48 consiglieri. Per uscire da questa incertezza abbiamo inserito la previsione di un numero fisso, 49 membri, così come sono oggi". Una modifica criticata da Franco Iacop (Pd), che ha ricordato "come il Fvg abbia già un numero molto alto di consiglieri, più vicino ai livelli della Lombardia che dell'Umbria, tanto che il presidente Renzo Tondo ridusse la precedente proporzione portandola da 1 eletto ogni 20mila a 1 eletto ogni 25mila residenti. Non capisco dunque in base a quale ragionamento e parametro voi oggi fissiate il numero di 49 consiglieri".
 

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