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Martedì, 30 Aprile 2024
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Il "pasticcio" sui quartieri e gli interessi dei cittadini in secondo piano

"Quando si avvicinano le elezioni e le sensazioni che si raccolgono dall’elettorato sono di disaffezione e malcontento, si dovrebbe ripartire da queste occasioni"

Se non avete mai assistito a un consiglio comunale (o regionale), vi consigliamo di farlo. Si può fare in presenza, ma anche in streaming. È un esercizio estremamente utile per la cittadinanza: da tempo si dice che la politica si è allontanata dall’elettorato (e, soprattutto, dalla realtà delle cose) e per capire parte di questo scollamento, l’ascolto di un consiglio comunale è senz’altro di grande aiuto. 

Bisticci, battibecchi, attacchi personali, botta e risposta che esulano da questioni meramente politiche e politicizzazione di questioni puramente pratiche. Questi sono alcuni degli ingredienti, non tutti – ci mancherebbe – e non sempre presenti, che condiscono le sedute consiliari. Ingredienti che, come facile immaginare, non facilita il mero governo di una città ma, anzi, ne complica i risvolti.

Nelle ultime due settimane a Udine di consigli se ne sono svolti due, complice la discussione sul “caso Maignan” e il lungo confronto per la riforma del regolamento dei consigli di quartiere. Due consigli, due teatri. Se la settimana scorsa si sono visti consiglieri di opposizione entrare in Sala Ajace con la divisa dell’Udinese, tifosi ad assistere e applaudire, polizia schierata, rappresentanti dei media pronti a cogliere ogni scivolone da una parte e dall’altra per farli rimbalzare all’attenzione nazionale, accuse lanciate e poi rimandate ai mittenti, fraintendimenti, battute e commenti di ogni sorta, ieri sera lo “spettacolo” è stato un altro. Se spesso – e ben a ragione – si può pensare di trovarsi di fronte a una grande perdita di tempo alle spalle della cittadinanza, durante la discussione che riguardava il nuovo regolamento dei consigli di quartiere andata in scena ieri è successo qualcosa che prima d’ora non era mai capitato.

Una piccola premessa: il tema dei consigli di quartiere è particolarmente sentito da tutte le parti politiche fin dalla campagna elettorale e la preparazione di questo nuovo regolamento, durata diversi mesi, è stata tortuosa e complessa. 

Nella seduta di ieri era dunque in programma la votazione del nuovo regolamento, non prima di aver trattato, però, i 55 emendamenti presentati (di cui alcuni dalla stessa assessora competente, Rosi Toffano). Si prospettava, dunque, un consiglio parecchio lungo che si sarebbe comunque concluso con i voti della maggioranza a favore del nuovo regolamento. Dopo “solo” tre ore e 45 dall’inizio della seduta, però, e quando si era arrivati appena alla discussione del quindo emendamento, una brusca interruzione. Un telefono che passa tra le mani dei consiglieri e le consigliere di minoranza, il capogruppo di Fratelli d’Italia, Luca Onorio Vidoni, che chiede la parola e, infine, l’epilogo con tutte le minoranze che abbandonano la discussione e l’aula. “Il Partito democratico ha già fatto uscire una nota stampa dicendo che il nuovo regolamento ha visto la luce, quindi noi ritiriamo gli emendamenti e lasciamo l’aula”. Reazione più che comprensibile con un disappunto che si è appoggiato sui pilastri delle parole “rispetto” e “democrazia”. 

“È con grande fermezza che stigmatizziamo il comportamento scorretto e inopportuno del Partito Democratico, partito di maggioranza relativa dell’amministrazione cittadina, per aver diffuso e veicolato un comunicato stampa prematuro e con toni inappropriatamente vittoriosi mentre era ancora in corso, da poco iniziata, la discussione in Aula sul nuovo Regolamento dei Consigli di Quartieri Partecipati, che di “partecipati” hanno solo il nome”, hanno dichiarato a voce unanime i capigruppo del centrodestra Luca Onorio Vidoni (Fratelli d’Italia), Francesca Laudicina (Lega Salvini Premier Fvg), Giulia Manzan (Lista Fontanini Sindaco), Loris Michelini (Identità Civica) e Giovanni Barillari (Forza Italia).

“Quella di ieri è stata, di fatto, una brutta pagina che ha svilito completamente il ruolo della democrazia, perché il rispetto, la trasparenza e un dialogo aperto sono pilastri fondamentali per garantire un processo decisionale equo e inclusivo. In questo contesto, chiediamo al Sindaco De Toni di prendere provvedimenti significativi per affrontare l'accaduto e per ripristinare la fiducia nell'ambiente politico udinese”, hanno scritto in una nota i rappresentanti della minoranza. 

Tirato per il bavero, il Partito democratico cittadino ha reagito assumendosi sì la responsabilità di un clamoroso errore definito “sbavatura nei tempi della comunicazione”, ma passando subito al contrattacco. “Hanno colto al volo l'occasione per evitare il confronto in aula. Fossero rimasti, il loro contributo avrebbe potuto essere più significativo di una polemica passeggera”, ha dichiarato il segretario cittadino dei dem Rudi Buset. “È un peccato che il centrodestra abbia preferito il gesto spettacolare al lavoro costruttivo sulle proposte che abbiamo messo a disposizione”, ha proseguito. 

Alla fine il nuovo regolamento è stato votato con i soli voti della maggioranza, visto che tutta l’opposizione (compreso Stefano Salmè di Liberi elettori – Io amo Udine che aveva portato ben 12 emendamenti) se n’è andata anzitempo lasciando una desolata immagine di un’aula di consiglio metà vuota e quindi incapace di costruire dialogo. 
“Negli ultimi mesi la giunta e la maggioranza hanno tentato in ogni modo di trovare una mediazione per arrivare a una posizione il più possibile condivisa su un tema che sta a cuore a tutti, sia pur con sensibilità e orientamenti diversi. Alla fine siamo arrivati al modello presentato, migliorato con il contributo di associazioni, esperti del tema e forze politiche e civiche di maggioranza e anche di minoranza”, ha fatto sapere il segretario cittadino del Pd, partito a cui appartiene Toffano, assessora alla partecipazione e principale autrice del regolamento. 

La sensazione è che, ancora una volta, quel che davvero contava, ovvero costruire qualcosa per la città e la cittadinanza, sia passato in secondo piano. Come se a ogni passo avanti che viene compiuto nelle stanze di governo, ne corrispondessero due o forse più indietro. Quando si avvicinano le elezioni e le sensazioni che si raccolgono dall’elettorato sono di disaffezione e malcontento, si dovrebbe ripartire da queste occasioni. E se vi state chiedendo che fine ha fatto la discussione sul “caso Maignan”, la risposta è: “ne riparliamo la prossima volta”. Già, al prossimo consiglio comunale saremo ancora lì: mentre fuori il mondo gira, là dentro il tempo sembra essersi tristemente fermato.


 

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