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Cronaca

Immigrazione e accoglienza, 34 associazioni del terzo settore rispondono a Zappalorto e Torrenti

Alla lettera hanno aderito anche singoli cittadini e proseguirà nei prossimi giorni la raccolta delle firme

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

Come associazioni e individui ci sentiamo di prendere posizione rispetto alle dichiarazioni di pubbliche autorità diffuse dagli organi di stampa relativamente alle condizioni della stazione ferroviaria di Udine connesse alla presenza di cittadini stranieri,  ritenendo indispensabile precisare quanto segue.  
Certamente il sottopasso di una stazione non può rappresentare un luogo di prima accoglienza per i richiedenti asilo. Non è civile, nè legale. 

Eppure, da mesi, quel sottopasso rappresenta l’unica forma di rifugio e di protezione che i richiedenti asilo incontrano al loro arrivo ad Udine: una protezione ben distante da quella che la legge vorrebbe riconosciuta loro, ma pur sempre un riparo. 

Il diritto all’accoglienza è un diritto fondamentale dei richiedenti asilo e un preciso obbligo giuridico del nostro Stato, imposto dalla normativa europea all'Italia che ha il dovere di garantire ai destinatari l'accesso alle condizioni materiali d'accoglienza nel momento stesso in cui arrivano e manifestano la volontà di richiedere la protezione internazionale. 
Nei centri di prima accoglienza, dove dovrebbero essere accolti tutti i richiedenti asilo al loro arrivo, devono essere garantite loro sicurezza e protezione e condizioni di vita rispettose della sfera privata, delle differenze di genere e di età, della tutela della salute e dell'unità familiare, in conformità anche ai principi della nostra Costituzione. E' imprescindibile e non sacrificabile o procrastinabile, pertanto, garantire loro un'accoglienza degna ed un trattamento umano, come preciso dovere giuridico nazionale ed internazionale.
Tuttavia il sistema di accoglienza, per funzionare, si deve basare anche sulla leale collaborazione tra i diversi livelli di governo.

Perciò quello che chiediamo allo Stato italiano e alle sue istituzioni locali è, semplicemente, il rispetto degli impegni internazionali presi. 
Se fossero rispettati, i richiedenti non sarebbero costretti a stare nel sottopasso, i volontari non dovrebbero accollarsi la loro assistenza, il sottopasso non dovrebbe essere chiuso e non ci sarebbe nessun incomodo per la collettività. 
Le istituzioni dovrebbero prendere spunto dal coraggio dei volontari e non nascondersi dietro un’emergenza che, di fatto, non è più tale ormai da qualche anno e mina alle fondamenta il riconoscimento di diritti fondamentali oggi ai migranti, domani chissà. 
 

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