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Troppi nel Mediterraneo

Gli ultimi granchi blu che mangeremo

Il crostaceo potrebbe finire nella lista europea delle specie invasive, con conseguente divieto di pesca e di vendita. Il governo a quel punto sarebbe costretto a cambiare strategia

Questa estate molti italiani sono passati dall'odiarlo al concepire l'idea di mangiarlo, fino a diventarne fan, ma potremmo dover dire addio molto presto alle ricette a base di granchio blu. La vendita della specie invasiva è stata autorizzata dall'Unione europea, a cui spetta la competenza sulle norme che disciplinano la produzione e il commercio dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Via libera dunque? Sì, ma non è detto che duri a lungo. Dopo che il governo le ha provate tutte per convincerci ad acquistare e cucinare "l'invasore", pur di salvaguardare le specie native e i nostri ecosistemi, Bruxelles potrebbe inserirlo nella lista delle specie esotiche invasive di interesse comunitario. A quel punto il crostaceo non potrebbe più essere scambiato, commercializzato tanto meno mangiato. E dovremmo quindi dire addio alla strategia che ci aveva visto diventare d'un tratto degli "invasivori", mangiatori cioè di specie invasive.

La strategia della tavola

Si è assistito quest'anno ad un'esplosione di esemplari di granchio blu ( Calinectes sapidus ), originari del continente americano. Seppur presente ormai da diversi anni nel Mar Mediterraneo, questa specie aggressiva anche grazie ai cambiamenti climatici nel 2023 si è riprodotta talmente tanto da mettere a rischio la produzione di molluschi, dato che è un animale goloso di vongole, cozze e ostriche. Nel corso dell'estate organizzazioni agroalimentari, come la Coldiretti, e membri del governo italiano, si sono prodigati per diffondere una strategia di contrattacco che permettesse di eliminare questo eccesso di granchi blu nel modo ritenuto più semplice: mettendoli a tavola. Il governo ha stanziato 2,9 milioni di euro per finanziarne la cattura e lo smaltimento, autorizzando l'utilizzo di nasse, cestelli e reti da posta fissa entro una distanza di 0,3 miglia dalla costa e vicino alle foce dei fiumi.

Ricettario governativo

A questi provvedimenti è stata associata una campagna mediatica finalizzata ad elogiare e proporre in tante ricette la nuova prelibatezza. La stessa premier Giorgia Meloni si è fatta immortalare con un piatto di granchi blu durante un pranzo. Alla condivisione sui social ha provveduto direttamente l'attuale ministro dell'Agricoltura, nonché cognato, Francesco Lollobrigida. Il capo del dicastero, che si occupa anche di Pesca, da parte sua si è prodigato in un video in veste di chef, cucinando personalmente il crostaceo e invitando gli italiani a sperimentare la delizia dei piatti cucinati con questo ingrediente, al fine di salvaguardare il Mediterraneo. Nei post sul suo profilo personale, ha sottolineato che oltre ad essere un problema questo crostaceo può essere visto come "opportunità". Poi via su Instagram e Tik Tok a video con gli spadellamenti più disparati a base di granchio blu.

La lista delle specie esotiche

Al momento la commercializzazione di granchi blu non è vietata dal regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, che regola insieme ad altre norme la politica comune della pesca degli Stati membri dell'Ue. La situazione potrebbe però rovesciarsi se questo crostaceo venisse immesso nella lista delle specie esotiche invasive di interesse comunitario. Nel blocco dei 27 esiste uno specifico regolamento sulle specie esotiche invasive (Ias), che dal 2014 fornisce un quadro europeo per le misure da adottare contro le specie esotiche acquatiche introdotte dalle attività umane, con l'obiettivo di preservare la biodiversità del continente e gli ecosistemi marini. L'ultima volta in cui l'elenco è stato aggiornato risale all'agosto del 2022. Per Bruxelles si tratta adesso di verificare se la lista vada aggiornata, inserendovi anche questa specie invasiva, nel caso in cui si verifichi che possa costituire un pericolo per tutto il territorio dell'Ue. Per farlo, ha riferito un portavoce della Commissione europea, occorre realizzare una valutazione del rischio da sottoporre, presumibilmente nel 2024, al Comitato sulle specie esotiche invasive.

La deroga

Ove il Comitato approvasse l'inserimento nella lista delle specie invasive, il granchio blu non potrebbe essere immesso sul mercato, conservato, utilizzato né scambiato. Questo al fine di impedire che le attività di pesca, commercio e ristorazione, diventino un'occasione per un'ulteriore diffusione di questa specie non indigena. Va precisato d'altronde che questo regolamento già prevede un'eccezione, che recita: "l’uso commerciale di specie esotiche invasive già stabilite può essere temporaneamente consentito", ma solo "come parte delle misure di gestione volte alla loro eradicazione, controllo o contenimento della popolazione". Questa deroga al divieto richiede però una precisa giustificazione "a condizione che siano in atto tutti i controlli appropriati per evitare qualsiasi ulteriore diffusione". L'Italia si trova a questo punto in una situazione paradossale. Se il governo decidesse di voler combattere a tavola il granchio blu, dovrebbe lottare per evitare il suo inserimento nella lista delle specie invasive. Al contrario, una volta inserito nella lista sarebbe obbligato a richiedere una deroga a livello europeo, a costo di lunghe beghe burocratiche. A quel punto molto probabilmente non potrebbe più evitare di sviluppare un piano più serio per la gestione delle risorse marine, molluschi e crostacei inclusi, nel Mediterraneo.

Articolo originale su Today.it

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