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È friulano uno dei massimi esperti di sicurezza informatica a livello internazionale

Manuel Cacitti svolge attività di ricerca per l’ottimizzazione di processi, metodologie e tecniche per la gestione delle informazioni

Manuel Cacitti è uno dei massimi esperti di sicurezza informatica ed è un friulano. Manuel Cacitti nella sua professione ha una parola chiave molto utilizzata in ambito sanitario: prevenzione. Perché, evidenzia, analizzando moltissimi casi di attacchi emerge che a generare la falla nei sistemi di sicurezza è «il fattore umano». Per lui, la tecnologia, cioè, deve essere usata in modo proattivo, attivando cioè tutti gli accorgimenti necessari per un utilizzo in sicurezza. Esperto di sicurezza dei dati e auditor, Cacitti opera da oltre quindici anni su progetti nazionali e internazionali dedicati all’implementazione e al mantenimento di sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni, continuità operativa, analisi e gestione del rischio, IT security governance e auditing. 

Svolge attività di ricerca e divulgazione per l’ottimizzazione di processi, metodologie e tecniche per la gestione delle informazioni classificate secondo schemi di codifica militare, il trattamento e la conservazione di dati particolari, giudiziari e clinici. Svolge attività di intelligence mediante tecniche di analisi su fonti aperte per soggetti pubblici e privati. Si occupa di progettazione e valutazione di sistemi di sicurezza su infrastrutture critiche informatizzate. Collabora in qualità di guest lecturer e docente con alcune università nazionali e academy private. Numerose le sue certificazioni relativamente alla protezione e al governo dei dati. «Stiamo vivendo un paradosso – spiega l’esperto -: l’accelerazione tecnologica è impressionante anche per la cyber security ma, in parallelo, aumentano in modo esponenziale gli attacchi e la loro incidenza». Perché? «Per rispondere è necessario chiedersi chi utilizza la tecnologia e con che grado di consapevolezza - puntualizza -. Spesso siamo portati a pensare che l’attacco arrivi dall’esterno e, invece, il primo passo da fare è guardare all’interno, della propria azienda o ambito in cui si opera, perché all’origine degli attacchi che hanno avuto più successo si è riscontrata l’imperizia umana». È una raccomandazione che vale per tutte le età. «Le giovani generazioni, per esempio, usano la tecnologia non di rado in maniera impropria, poiché hanno una buonissima capacità di utilizzo operativo, ma una non adeguata capacità critica per un uso corretto. A partire da come veicolano il dato». 

Per gli esperti di sicurezza informatica, confessa Cacitti, «oggi la sfida è creare una corretta consapevolezza tra noi essere umani, per un corretto uso delle tecnologie. L’anello debole, infatti, rimane il fattore umano». Un’evidenza che Cacitti affronta sollecitando «comportamenti proattivi», dai meccanismi di autenticazione per accedere allo smartphone al salvataggio fatto in modo adeguato e sicuro dei propri dati su cloud, nella certezza che si sarà oggetto di un attacco prima o poi. In sintesi: blindare gli accessi e depositare le informazioni in luoghi in cui possano essere accessibili indipendentemente dal mezzo che le ha generate. 

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