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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Lingua friulana: “Europa Aquileiensis” ne propone l'obbligo d'insegnamento come “identità regionale europea”

Il nuovo partito euroregionalista nato da una costola del Fogolâr Civic rilancia l'idea di una materia scolastica che oltre a tutelare le peculiarità linguistico-culturali dei territori le faccia condividere a livello regionale.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

A ridosso della “2^ Conference regjonâl di verifiche e di propueste su la atuazion de leç regjonâl 29/2000 Normis pe tutele, valorizazion e promozion de lenghe furlane”, in programma a Udine nei giorni 1 e 2 dicembre 2017, il neocostituito Coordinamento Politico Euroregionalista Friulano / Coordenament Politic Euroregjonalistic Furlan “Europa Aquileiensis” guidato dal prof. Alberto Travain e trasferente in campo politico-amministrativo la trentennale esperienza di proposta socioculturale del locale civismo eurorgionalista raccordata dal movimento del Fogolâr Civic, rivolge alla Presidenza e ai partecipanti all'importante evento una riflessione tesa al futuro della tutela della lingua friulana e non solamente, con un sollecito, oltre alla migliore attuazione della normativa vigente, a orientare sempre più d'ora in avanti l'istanza di salvaguardia linguistica al riconoscimento di un'inesorabile obbligatorietà dell'apprendimento scolastico della “marilenghe” territoriale al fine di evitarne il dato divisivo e discriminatorio dell'insegnamento facoltativo, indicato come grave matrice di legittimazione di successive intolleranze rispetto all'uso sociale della lingua locale. “Intendendo l'educazione linguistica anche come formazione alla cittadinanza territoriale – afferma nella nota “Europa Aquileiensis” – , la facoltatività scolastica della lingua friulana oggi risulta discrimine divisorio e diseducativo sul piano della preparazione alla convivenza e alla coesione civiche. Non conoscere la lingua friulana ovvero rifiutarne l'apprendimento in Friuli non può essere oggi un diritto tra la cittadinanza insediata. Un diritto può essere la libera scelta di utilizzarla o meno come lingua d'espressione individuale, non certamente di rifiutarla come forma espressiva del territorio cui la scuola pubblica deve innanzitutto insegnare ad aderire armoniosamente e proficuamente per il singolo e la collettività”. Ma “Europa Aquileiensis” va oltre una tutela linguistica associata ad un'istanza di coesione interculturale inclusiva: ripropone considerazioni già espresse dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” in documento di dieci anni prima, datato 15 marzo 2007 ed indirizzato “all'attenzione dei Consiglieri Regionali del Friuli Venezia Giulia” e per conoscenza “agli organi di stampa regionali”. Si procedeva allora da “recenti istanze di legiferazione in merito all'istituzionalizzazione di un uso veicolare della lingua friulana nella Scuola dell'obbligo entro il relativo ambito territoriale di diffusione”, istanze rispetto alle quali si esponeva “brevissima riflessione ad hoc” che si auspicava potesse “influire culturalmente su eventuali provvedimenti legislativi”. Seguiva un'infilata di quesiti retorici. “Quanto più utile, intelligente, lungimirante, sarebbe condividere e insegnare a condividere le differenze di questa nostra regione le cui diversità non sono altro che sfaccettature della stessa storia di frontiera? Quanto più opportuno sarebbe che dal Carso alla Carnia, dal Livenza al Vipacco, da Trieste a Udine, da Gorizia a Pordenone, i ragazzi del Friuli Venezia Giulia, oltre a padroneggiare italiano ed inglese, condividessero la conoscenza per lo meno dei fondamenti delle lingue storiche caratterizzanti questo nostro crocevia d'Europa, superando culturalmente le divisioni etnico-linguistiche che frazionano artificiosamente e perniciosamente le nostre genti ed offendono le tradizioni della plurietnica madre Aquileia la cui leggendaria coesione civica è monumento della nostra storia? Quanto più utile sarebbe quindi pensare invece a una qualche forma d'introduzione di insegnamenti di “Identità Regionale Europea”, lungimirante mix formativo di cultura linguistica e civica, da sperimentare in questo nostro Friuli Venezia Giulia – luogo deputato da Geografia e Storia – come fattore di interconoscenza e coesione civile, di aggregazione e d'integrazione? Quanto importante sarebbe per il futuro dei nostri giovani che essi imparassero le lingue utili per relazionarsi con il mondo intero e condividessero contemporaneamente le lingue e i dialetti locali come fattori di aggregazione e proposte d'integrazione in un senso di comunità di base, non etnica ma territoriale, primo livello di convivenza e di solidarietà? Perché frammentarsi in minoranze linguistiche invece di essere comunità plurilingue, unita, forte, centrale, esemplare?”. Ecco, allora, la strada da seguire. “Invece di legiferare sulla divisione delle nostre genti, si pensi ad unirle ed a renderle forti, comunità regionale nucleo, baluardo, perno d'Europa o per lo meno di quell'ambito alpino-adriatico che fu concettualmente una creazione aquileiese!”. E, di nuovo, interrogativi le cui risposte parrebbero scontate nella prospettiva di un bene comune inteso come lecita soddisfazione dei singoli e della collettività insediati in un territorio. “Perché ispirarsi a modelli catalani o sudtirolesi se la nostra storia ce ne suggerisce ben altri e di più ampio respiro? Perchè ostinarsi a voler essere un angolo pur particolare e non invece un cuore d'Europa?“. Prospettare l'idea di una formazione identitaria inclusiva e condivisiva a livello regionale delle peculiarità formanti il tessuto culturale caratteristico anche linguisticamente dell'odierno Friuli Venezia Giulia nel suo complesso, formazione scolastica che per i suoi scopi coesivi territoriali non può essere che obbligatoria e diffusa, significherebbe, secondo il Coordinamento Politico Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis”, un passo avanti enorme non solo nel campo dell'accettazione sociale e della preservazione se non dell'allargamento sul territorio di uno spazio vitale per gli idiomi locali ma anche un potente rafforzamento di una coscienza regionale interlinguistica che farebbe davvero del Friuli Venezia Giulia un modello ibrido degno delle sue migliori memorie e dei suoi migliori ed intramontabili miti di compendio di lingue, culture, nazioni.

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