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The King of Games, il ritorno del concetto di community a Udine

"Il social senza i social” racconta uno dei gestori del negozio, Salvatore Carboni

Luca Morandini, Salvatore Carbone, Michele Tami e Sara Turchetti sono le quattro persone dietro al progetto “The King of Games”, un negozio di hobbystica che sta avendo sempre più successo a Udine e che sta riuscendo a creare una community giovanile in una regione come il Friuli spesso additata di essere fatta per anziani. Ne abbiamo con parlato con Salvatore, per tutti “Bado” (viste le sue origini sarde). Trentun'anni, ma un'inesauribile passione per i giochi.

Un progetto che nasce da lontano e che ha radici addirittura in un’isola che per molti è un piccolo paradiso come la Sardegna, perchè trasferirsi da una meta così ambita al Friuli?: “Conosco Luca da 12 anni e mi ha sempre spinto a fare qualcosa insieme, io volevo avere un’attività mia, fare l’imprenditore. Quattro anni fa mi propose per scherzo di trasferirmi dalla Sardegna. Gli risi in faccia. A gennaio 2017 invece ci fu l’opportunità concreta, con la chiusura dell’Opengames in Via Aquileia 15. Poteva essere un fallimento -ammette Bado-, ma mi sono detto “o rischio o raschio”. Sono ancora qua e posso vantarmi di dire che ho realizzato un sogno. Ho fatto la scelta perché in Sardegna un negozio come il nostro non è realizzabile, è una regione di pregiudizi, quindi qualcosa di nuovo è malvisto I friulani sono meno chiusi di quanto vogliano ammettere in raffronto ai sardi. Vedono l’hobby come parte della loro vita, anche semplicemente il collezionare francobolli, per il sardo invece è una distrazione, è molto più incentrato sul lavoro, non vede l’hobby come parte della sua vita”.

Un negozio che fa quasi esclusivamente della ludica e i giovani il suo business, non è un rischio?“I giovani che frequentano il nostro negozio e sui quali facciamo riferimento sono degli spiantati. Però se metti insieme tante piccole spese hai un incasso e hai tanta gente che frequenta il negozio, quindi alla fine non conta tanto il potere d’acquisto, conta il formare una community. Poi questa supporta sé stessa: se una persona non porta i soldi magari porta idee agli altri, perché nei giochi di carte ti manda avanti anche il tuo cervello. Noi, oltre al dover arrivare a fine mese, ci mettiamo la passione e la conoscenza di ciò che trattiamo – continua, spiegando il perchè del nome- The King of Games, non è un riferimento solo a Yu-Gi-Oh!, abbiamo reso il concetto di “Re dei Giochi” molto più ampio. Sappiamo darti le basi di ogni gioco che trattiamo, quindi Yu-Gi-Oh!, Vanguard, Magic, Dragon Ball, per dirne alcuni.  Io credo che alla fine sia il gioco a scegliere il giocatore,, perché, se un gioco vedi che non è adatto a te, sono il primo a dirti di cambiare, andando magari contro i miei stessi interessi economici, perché alcuni giochi sono meno costosi di altri, ma il cliente per affezionarsi deve divertirsi”.

Il concetto di community reale, che sembrava soppiantato ormai dai social network, è tornato, questo cosa comporta? Quello con la community è un rapporto che va oltre il semplice negoziante-cliente, c'è un rapporto amicale, ma che non deve intaccare il rapporto commerciale. Separare la sfera personale da quella professionale è importantissimo, un rapporto amicale ti porta ad avere un collaboratore che ti aiuta, per esempio nell'insegnare agli altri a giocare. Una volta chiuso il negozio si creano rapporti solidi, crei una comunità di amici, le persone che sono qui instaurano un legame, è un punto di incontro, un negozio pieno attira molta più persone e se i gestori si divertono l'appeal aumenta ancora di più. Se sei monotono nel lavoro ti stuferai, io vedo la mia vita come un telefilm – parlando della filosofia necessaria a portare avanti un negozio del genere-, ogni giorno è un episodio e non vedo l’ora di vederne il seguito, episodi mediocri e disastrosi ovviamente ci sono qualche volta, avrai sempre alti e bassi, ma devi sempre aspettare il giorno successivo e scoprire cosa accadrà”.

I più adulti però, intesti come mass media, genitori, etc... continuano a vedere la ludica come qualcosa esclusivamente per bambini, quanto è dura lottare contro questo pregiudizio? “Qualsiasi generazione sottovaluterà quella successiva, quella prima della mia ci ha sottovalutato parlando di “generazione bruciata”, quella che non dovrebbe combinare assolutamente nulla. Quello che facciamo noi è mettere in comunicazione più generazioni, più tipi di persone, in modo da creare la passione.  Noi siamo promotori del gioco sano, creare i social senza i social, perché il social vero è il confronto, non il mondo virtuale.  Per quanto riguarda la visione da fuori, se noi abbiamo 200 giocatori, uno solo è marcio, ma da fuori si innesca una sorta di razzismo, da fuori lo vedono e giudicano automaticamente tutti gli altri. È stupido mettere sullo stesso piano un'intera community che gioca a qualcosa di discutibile, alcuni giochi da tavolo sono finiti nell’occhio del ciclone per riferimenti sessuali o violenti, è verissimo, ci sono? Non ci sono? Li vuoi vedere? Non li vuoi vedere? È il tuo cervello a dirtelo, ma è una persona ad agire, non un gruppo di persone, quindi l’atteggiamento dei media verso i giovani in questo senso è tendenzialmente sbagliato.

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