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Incontro / Lignano Sabbiadoro

Neutralità carbonica: in Fvg possibile impiegando solo il 3% dei terreni coltivabili

L'obiettivo, fissato dall'Europa, è per il 2050 ma nella nostra Regione potrebbe essere raggiunto prima grazie alle tecnologie disponibili e quelle in fase di sviluppo

Obiettivo neutralità carbonica entro il 2050. È quello che chiede l'Europa e su questo ci si è interrogati nell'incontro Economia sotto l'ombrellone dal titolo “Le agroenergie: occasioni, difficoltà e prospettive per le aziende agricole” che si tenuto a Lignano. Agroenergie, fotovoltaico e agrivoltaico: da queste tecnologie arriverà un aiuto decisivo al futuro energetico e dell’agricoltura nazionale. Ma serve una maggiore chiarezza e stabilità normativa e meno burocrazia. 

In Fvg

Basterebbe destinare circa 5mila ettari a fini energetici, circa il 2/3 per cento del totale dei terreni coltivabili per raggiungere l’obiettivo della totale decarbonizzazione al 2050 come previsto dagli obiettivi europei. "La tecnologia più promettente, ma ancora in fase di sviluppo – ha affermato Eros Miani, presidente di Fototherm, azienda di Gonars (Ud) fra i maggiori produttori e installatori italiani di moduli fotovoltaici – è l’agrivoltaico, che consente di installare sui campi agricoli pannelli fotovoltaici verticali. Si tratta di una tecnologia innovativa che permette di rendere compatibili su uno stesso terreno le coltivazioni agricole e la produzione di energia, avendo, comunque, una resa paragonabile a quella dei panelli messi a terra o installati sui tetti. Anche i pannelli fotovoltaici tradizionali, così come gli impianti a biomasse per la produzione di biogas e biometano e l’eolico possono, comunque, costituire un’ottima opportunità per uno sfruttamento a fini energetici dei terreni agricoli". Miani conclude: "Il problema, oggi, non sono le tecnologie che sono ampiamente disponibili, con rese in continuo miglioramento e a prezzi calanti, ma l’incertezza normativa, le scadenze dei bandi troppo ravvicinate rispetto ai tempi di realizzazione medi degli impianti e una burocrazia ancora molto lenta e pesante, soprattutto nel nostro Paese".

In Italia

In Italia ci sono tutti i presupposti per raggiungere la neutralità carbonica prevista dalle norme europee entro il 2050, aumentando la produzione di energia da fotovoltaico (e dal nascente agrivoltaico) e da biomasse. A tal fine basterebbe destinare a fini energetici circa il 5 per cento dei terreni attualmente coltivati e ciò non avrebbe alcun significativo impatto sulla produzione alimentare nazionale. L’utilizzo delle agroenergie e del fotovoltaico potrebbero anche rendere conveniente agli agricoltori recuperare una parte degli oltre 3,5 milioni di ettari (su circa 16milioni totali) teoricamente coltivabili, ma che oggi sono incolti e abbandonati. 

Biomasse e biometano

Quest’anno la grande massa di coltivazioni danneggiate irreparabilmente dalle violente grandinate di qualche settimana fa e che erano diventate invendibili sui normali mercati agricoli sono state utilizzate dagli impianti a biomasse. Così gli agricoltori hanno potuto ricavarne un guadagno. "Un altro esempio, soprattutto per certi tipi di produzioni, può arrivare dal promettente sviluppo, anche se ancora in fase iniziale, dell’agrivoltaico, che potrebbe permettere di coniugare produzione agricola e produzione energetica" ha detto Philip Thurn Valsassina, presidente di Confagricoltura Fvg. "Le tecnologie a disposizione per la produzione di energia “verde” – ha spiegato – sono in continua evoluzione e il mix energetico fra fotovoltaico, biomasse, eolico e idroelettrico, potrà sicuramente permettere di raggiungere gli obiettivi al 2050". 

Marco Tam, presidente di Greenway, azienda che possiede tre impianti a biomasse e diverse attività agricole e che punta molto sull’energia verde, ha sottolineato: "Il problema principale per tutte le produzioni energetiche rinnovabili non sono le tecnologie, ma le pastoie burocratiche e l’incertezza normativa. Serve, quindi, urgentemente una revisioni delle tempistiche previste e una semplificazione delle procedure autorizzative".  Secondo Tam, l’Italia sarebbe tranquillamente in grado di raggiungere con il biometano una produzione pari al 30% di tutto il gas utilizzato in Italia. Ma ci sono delle difficoltà burocratiche. Un esempio viene dalle previsioni del 40% di finanziamenti a fondo perduto per gli impianti di biometano (che vuol dire associare a un impianto a biomasse una “mini raffineria” che consenta di estrarre il biometano) per i quali è stato previsto che gli impianti debbano essere completati entro il 2026. Un impianto richiede un investimento di almeno 3 milioni di euro (al netto del finanziamento) e tempi di partecipazione ai bandi, autorizzativi e costruttivi decisamente lunghi, è un’impresa quasi impossibile da portare a termine secondo le tempistiche richieste. 

Il futuro

In conclusione, i tre relatori hanno guardato al futuro dell’agricoltura italiana nei prossimi trent’anni sostenendo che oltre ai cambiamenti indotti dall’utilizzo dei campi a fini energetici, ci saranno grandi trasformazioni conseguenti all’avanzamento tecnologico e informatico con l’utilizzo di satelliti e droni per il controllo e la gestione dei campi, di robot per svolgere attività che oggi sono ancora prevalentemente manuali, di sistemi di micro-irrigazione e di mezzi meccanici sempre più efficienti, che porteranno a una diminuzione nelle aziende agricole del personale despecializzato e a una contestuale assunzione di un numero crescente di tecnici specializzati e laureati. Al contempo, secondo i tre relatori, si assisterà a un crescere della dimensione media delle aziende agricole, soprattutto se dedicate alla produzione di seminativi e a una specializzazione delle piccole aziende su prodotti ad alta resa e che non necessitano di grandi estensioni (ad esempio i piccoli frutti e le produzioni orticole) o su colture di nicchia, ma redditizie come le coltivazioni biologiche. 

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