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Gli Usa e lo spostamento degli equilibri verso nuove aree del mondo

La lectio magistralis di Rampini sugli States nella seconda mattinata di Open Dialogues for the Future della Camera di Commercio

Il vuoto in geopolitica, come in geofisica, non è tollerato. E se la tendenza degli Stati Uniti sarà quella di “ritirarsi” progressivamente dallo storico ruolo di riferimento in molte aree del mondo, dobbiamo essere consapevoli, in Italia e in Europa, che quel vuoto andrà colmato da qualcun altro, che esprima un nuovo centro di influenza. Questa è la grande carta, con ancora molti punti interrogativi, che l’area europea dovrà sapersi giocare nel prossimo futuro, come ha evidenziato in apertura della sua lectio magistralis il direttore scientifico di Open Dialogues for the Future Federico Rampini, nella seconda mattinata del forum organizzato dalla Camera di Commercio Pordenone-Udine in collaborazione con The European House – Ambrosetti. Una seconda giornata suddivisa in una mattinata nel Salone del Parlamento del Castello (aperta dall’assessore Gea Arcella del Comune di Udine e dalla lettura del messaggio inviato dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani) e nel pomeriggio di “gran finale” in Chiesa di San Francesco. Prima della lectio, anche l’intervento del presidente Unioncamere Andrea Prete, partito prendendo spunto dalla giornata internazionale della donna per ricordare l’impegno delle Camere per imprenditoria femminile con i Comitati dedicati, i fondi Pnrr e, per le imprese, il supporto alla certificazione di parità di genere, e che si è concentrato poi sul tema della denatalità come scenario che Paesi come l’Italia dovranno affrontare, ragionando su possibili interventi come «l’immigrazione regolata, anche con una formazione che preceda l’arrivo in Italia, ma anche la ri-attrazione di italiani di seconda e terza generazione dai Paesi esteri d’emigrazione». Un tema ripreso per alcuni versi anche dall’ospite del primo panel, l’economista brasiliano Marcos Troyjo, che ha invitato a riflettere su un mondo in “policrisi”, in cui la crescita della popolazione nei prossimi 25 anni sarà di altri 2 miliardi. Ma dei 193 Paesi Onu, la crescita esponenziale ne riguarderà in stragrande maggioranza solo otto, e saranno India, Pakistan, Indonesia, Usa e in altri quattro Paesi tutti dell’Africa Subsahariana. Uno spostamento dell’asse ponderale che andrà necessariamente a cambiare gli scenari geopolitici e geoeconomici degli ultimi anni, scenari in cui si è innestata la lectio di Rampini.

"L'America non rischia l'isolamento"

"Il paradosso – ha detto il giornalista – è quello di un’America con un’economia che scoppia di salute, ma con una società malata e un sistema politico ai limiti della patologia grave". Rampini ha parlato dello spostamento della classe operaia bianca verso il partito repubblicano come fenomeno che "non è un’invenzione di Trump", ma che arriva anche dalla guerra del Vietnam e, dagli anni ’70, dalla crescita del divario dell’istruzione, quando, con l’intento di parificare le condizioni scolastiche di bianchi e afroamericani, quello che è successo nella realtà è che c’è stato un mescolamento solo fra i ceti più bassi, con un abbassamento generale del livello, mentre l’alta borghesia bianca ha scelto di spostare i figli in scuole private elitarie, creando ancora  una volta un enorme divario. Rampini ha poi evidenziato la preoccupazione crescente negli Stati Uniti per una spesa militare immensa per riuscire a mantenere equilibri geopolitici in molte aree cruciali del mondo, così come il rapido allontanamento dei giovani dall’impegno militare. "Nella nuova generazione – ha detto –, da un lato servire la patria in divisa è considerato una cosa folle o peggio una cosa fascista, dall’altro la cultura woke, prescritta anche nelle forze armate statunitensi, sta allontanando quel bacino di giovani di cultura conservatrice, e dunque con altri valori, che tipicamente è sempre più predisposta ad avvicinarsi a questa professione". Rampini ha invitato a considerare che una eventuale rielezione di Biden e una sconfitta di Trump "non sconfiggeranno il rischio isolazionismo dell’America. Perché non c’è solo un isolazionismo di destra, ma oggi c’è anche un isolazionismo di sinistra potentissimo, egemone nelle università americane".

 

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