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Venerdì, 26 Aprile 2024
Economia

"La cultura non sarà più finanziata dal pubblico. Ecco i metodi del futuro"

Bertram Niessen, sociologo e project manager di “Che Fare!” ha parlato a Future Forum. "Teatri, musei e cinema non sono più in grado di sostenersi, ci vogliono metodi alternativi che coinvolgano le persone"

Il profilo della futura società culturale e tecnologica sarà fortemente vincolato al privato e sempre meno dipendente dal pubblico «che è verso la chiusura definitiva dei rubinetti». Non solo in Italia, dove storicamente la portata degli investimenti «è minima», ma anche nel resto d'Europa: «In Germania e Olanda, paesi che storicamente dedicano molti investimenti del bilancio pubblico alla cultura, i fondi si stanno drasticamente riducendo». Come fare allora per finanziare le iniziative di carattere culturale? Ha provato a spiegarlo Bertram Niessen, sociologo e project manager di “Che Fare!”, agli studenti del Sello, nell'aula magna del liceo artistico di piazza Primo Maggio, in un incontro organizzato per Future Forum, riflessione internazionale sul futuro che si svilupperà a Udine in diversi appuntamenti fino al 29 novembre.

La caratteristica peculiare che un progetto di carattere culturale deve avere, per Niessen, è la sostenibilità economica. «Si va sempre più verso la produzione di cose che non sono tangibili, ma non sempre i lavori della cultura e dell'industria culturale reggono dal punto di vista economico. E' un problema italiano, ma anche di tutto l'occidente. Nella fase in cui l'economia è florida alcune di queste aziende riescono a diventare grandi in pochissimo tempo, quando invece, come accade ora, l'economia si contrae è difficile trovare i soldi per le iniziative culturali. Musei, cinema, teatri, performing art e via dicendo fanno molta fatica a trovare le risorse. Partendo dalla volontà di individuare dei metodi alternativi, attraverso la collaborazione della rivista "Doppiozero" – ha evidenziato Niessen –, abbiamo sviluppato il progetto "cheFare", coinvolgendo una serie di partner importanti a livello di capacità economica, per poter sponsorizzare la cosa. Fatto questo abbiamo inventato un premio, di 100.000 euro, dedicato appunto ai progetti in ambito culturale che fossero capaci di sostenersi una volta esauriti i soldi che avremmo messo a disposizione. Il bando è stato on-line per sei settimane, abbiamo ricevuto oltre 500 progetti. Di proposte interessanti ne abbiamo avute davvero tante».

Non solo sostenibilità però, ma anche un altro criterio di valutazione, imprescindibile in un mondo che viaggia a questa velocità: «Per valutare la futuribilità del progetto abbiamo tenuto in considerazione anche la capacità comunicativa, cioè se il team riusciva, in particolare attraverso il social networking, a coinvolgere le persone e a far conoscere la cosa. In totale sono stati oltre 40mila quelli che hanno votato da casa, registrandosi e scegliendo quello che per loro era la proposta più interessante. Si è trattato di un numero enorme vista la necessità di registrarsi al portale, la preferenza non era un semplice "like" su Facebook. In ragione di ciò è stato scelto dalla giuria il progetto "Lìberos", non è un caso uno di quelli con la comunicazione più efficace. Partendo dalla necessità di salvare le librerie sarde, costrette a chiudere per mancanza di fondi, hanno sviluppato un network in grado di salvare questi centri di resistenza culturale. Così facendo hanno creato un fenomeno di coesione sociale, non riservato solo ai lettori più accaniti. La sostenibilità starà nella capacità di esportare oltre i confini regionali della Sardegna questo tipo di iniziativa. Nella cultura, come del resto in altri campi, se chiedi alle persone di divertirsi tutto funziona meglio».

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