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Alberghi, "estate positiva", ma c'è paura per il ritorno del Covid

Per Paola Schneider di Federalberghi "mare e montagna bene, le città sono in sofferenza"

«Non si è certo colmato tutto ciò che si è perso, ma da metà luglio a settembre inoltrato la stagione estiva in montagna e al mare in Friuli Venezia Giulia è stata decisamente meglio di ciò che ci si aspettasse. Per il 90% i clienti sono stati italiani, austriaci e tedeschi sono arrivati solo a settembre. A soffrire maggiormente sono state le città d’arte e i capoluoghi: lì le strutture ricettive non sono ancora riuscite a recuperare l’assenza degli stranieri e la riduzione del turismo business».

Voglia di vacanza

La presidente di Federalberghi Paola Schneider tratteggi così la stagione estiva delle strutture ricettive nell’anno in cui il Covid-19 ha stravolto ogni piano e annullato gli affari della primavera e d’inizio stagione, lasciando tutti gli operatori in un grande stato di incertezza riguardo all’evoluzione del periodo estivo. Tuttavia, il virus non ha annullato né la determinazione degli imprenditori a reagire – trovando soluzioni a molti dei problemi generati dalla necessità di rispettare le regole anti pandemia – né la voglia di vacanza, in particolare degli italiani e dei locali, che hanno animato lidi e cime.
«In montagna è andata bene, ad agosto i numeri ci sono stati e la stagione si è prolungata a settembre, soprattutto nei weekend, grazie a un tempo atmosferico favorevole – spiega la presidente –. Gli italiani si sono mossi e sono stati loro a connotare gli ospiti quest’estate. Gli stranieri, austriaci e tedeschi, si sono visti solo a settembre. Certo, non tutto il perduto si è recuperato ma, rispetto alle premesse di questa stagione, possiamo permetterci anche di vedere il bicchiere mezzo pieno».

Città capoluogo

Per gli alberghi, la stessa dinamica si è registrata al mare, «con una stagione partita attorno al 10 luglio, buon agosto e una prosecuzione a settembre». Il Friuli Venezia Giulia è fatto però anche di città d’arte e dai capoluoghi in cui la ricettività alberghiera è un importante aspetto dell’economia. In questo contesto i risvolti della pandemia sono più accentuati. «Sono i centri che hanno subito di più le conseguenze del lockdown e delle limitazioni negli spostamenti – spiega Schneider –. Hanno risentito molto dell’assenza degli stranieri, potendo recuperare poco con gli italiani. Il calo dei pernottamenti per business ha fatto il resto. Certo, un po’ si è lavorato, ma si è lontani dai numeri pre Covid». Tuttavia, per ora «non abbiamo evidenza di chiusure definitive – sottolinea la presidente -. Ci sono realtà che hanno deciso di riaprire nel 2021 e dovremo verificare se ciò accadrà realmente. Gli investimenti attorno a un albergo, comunque, sono notevoli e credo che per ora permanga la volontà di resistere».

Previsioni

Quanto alla stagione invernale, Scheneider non si sbilancia in previsioni. «Per ora navighiamo a vista, credo che chi terrà aperto a ottobre potrà avere qualche soddisfazione, ma proiettarsi oltre è difficile. Si respira un certo attendismo – rileva –, soprattutto in riferimento all’andamento del Covid-19».

 
 

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