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Lunedì, 29 Aprile 2024
intervista / Codroipo

Spensieratezza, surrealtà e pensieri sotto pelle che diventano musica: arriva L'Officina della Camomilla

Concerto a Villa Manin domenica 9 luglio alle 18.30: il progetto nato nel 2008 da Francesco De Leo salirà sul palco friulano. Ecco la nostra intervista

Nata nel 2008 come progetto solista del musicista Francesco De Leo, L'Officina della Camomilla sta vivendo la sua ennesima vita, come fosse un gatto che rinasce ogni volta e ogni volta si reinventa. Un fenomeno abbastanza unico in Italia, con canzoni di molti anni fa che hanno trovato nuovi ascolti grazie a Tik Tok, incontrando una generazione diversa da quella che fino a oggi aveva amato e capito questa musica. Così a marzo c'è stata la stampa del vinile del primo album dell'Officina, Senontipiacefalostesso uno, a dieci anni dalla sua uscita: il risultato è stato il sold out in una settimana tipo. Generazione Z e nostalgici di trent'anni o giù di lì, hanno così trovato, in quest'epoca di "usa e getta", un punto in comune in canzoni scritte anche più di dieci anni fa. E ora questo progetto, letteralmente di culto nel panorama alternativo italiano, arriva in Friuli per i “Concerti nel Parco” di Villa Manin Estate: l'appuntamento è per domenica 9 luglio alle 18.30 (i biglietti, al prezzo simbolico di 5 euro più diritti di prevendita, sono disponibili online su Ticketone.it, Ticketmaster.it e in tutti i punti vendita autorizzati). Sul palco ci saranno, accando a De Leo, Roberto Redondi al basso, Giacomo Ganzerli alla batteria e Stefano Poletti, videomaker tra i più quotati della scena indie e, soprattutto, colui che nel 2008 ai tempi di Myspace ha scoperto i lavori di De Leo convincendolo a dar vita all'Officina. Abbiamo intervistato il suo leader e fondatore, Francesco De Leo, sapendo che a lui non piacerebbe essere definito così. Ci ha raccontato di sé, dell'Officina e lo ha fatto aprendosi a modo suo, come fa nelle sue canzoni dove lascia tracce del suo modo di vedere il mondo che lo circonda. 

Cifra stilistica della band è la spensieratezza con cui rappresenta in musica “quello che passa fuori dalla propria finestra”. Le canzoni possono prendere vita da appunti, pensieri surreali, allucinazioni modellate, cieli nuvolosi, da ogni piccola sensazione che affiora sottopelle. Scrivi per immagini, ti figuro mentre chiudi gli occhi e vedi bombe fatte di deodoranti, come funziona il processo creativo dei tuoi  testi?

In realtà non so spiegare di preciso, però posso dirti che utilizzo una vecchia tecnica che si chiama Cut-ups, un metodo di scrittura utilizzato dagli scrittori della Beat Generation a metà degli anni '50 in America. Non è proprio un esperimento “Dada” come gesto il mio, perché cerco di dare sempre un senso ai frammenti di pensieri che mi segno e memorizzo, dove capita, di giorno in giorno. A volte vengono dall’alto, altre volte mi metto li a cercarli. 
La scrittura comunque è sempre un lavoro di cut-ups, lungo o corto, minimale o barocco che sia. Sicuramente le mie cose possono esser collocate nell’universo della scrittura creativa. Mi è stato molto utile anche il libro “esercizi di stile” di Queneau, per affilare la tecnica nel corso degli anni. Sono fan di Gregory Corso, Ferlinghetti, Ginsberg.

Riferimenti musicali, riferimenti letterari, riferimenti cinematografici: insomma, i tuoi riferimenti come musicista.

Sicuramente i generi in cui mi identifico di più al livello musicale sono la Dream Wave, la New Wave, la Psichedelia e il Lo-Fi e tutti i loro sottogeneri. I miei gruppi del cuore sono i Beach House, Cocteau Twins, Ariel Pink. Beat Happening, New order, Joy Division, Syd Barrett ecc. Di musica italiana ascolto molte cose, sono super fan di Piero Ciampi, Battiato, De Gregori, Faust’o, Conte. Per quanto riguarda le cose più attuali invece son sempre stato fan, fin dai tempi del liceo, dei Baustelle e dei Verdena. I miei registi preferiti sono Harmony Korine, Gus Vant San e David Lynch. Gummo di Korine mi ha segnato particolarmente, e devo dire anche Lèon di Luc Besson è stato molto importante per plasmare l’immaginario officina. Per quanto riguarda i libri invece sono particolarmente fissato con Rimbaud, La Beat Generation e Bret Easton Ellis.

poletti

Nella canzone più celebre dell'Officina della Camomilla, Un fiore per coltello, viene citata Monica Vitti. Cosa le diresti se potessi vederla un’ultima volta?

Forse non riuscirei a dirle nulla poiché essendo abbastanza timido rimarrei un po’ bloccato nel vederla. Ma mi piacerebbe fare un duetto insieme, io al piano e lei al microfono che canta, facciamo una cover di qualcuno. Quando ero ventenne, avevo fatto un quadro alquanto matto, tipo un collage con tante immagini sconnesse e avevo messo anche lei, era una foto in bianco e nero mentre teneva in mano una cornetta del telefono. 

L’indie italiano è un contenitore dove mettere chi non sa dove stare? O piuttosto cosa?

Il discorso è complesso. l’Indie in Italia, e sottolineo dieci volte in Italia, ora e adesso, nel 2023, è ridotto ad esser percepito come una fabbrica-playlist di singoloni, di Hit Pop senza fine, che hanno il solo scopo di ottenere un gran numero di stream e nulla più. C’è un sovraffollamento di artisti e canzoni veramente abnorme ed inquietante, direi distopico. Qui siamo ben oltre al concetto di saturo, siamo dinnanzi a un periodo storico-culturale  che potremmo definire come post-saturazione delle arti. Inoltre il termine “indie” come viene utilizzato in Italia è terribilmente fuorviante, il vero indie non è esattamente quello che si sente nelle playlist nostrane. Anzi in verità è tutt’altro: il termine "indie” prima era legato anche più ad un concetto di DIY (do it your self) ovvero, l’artista si registrava, si organizzava live e si stampava dischi da se, in totale autonomia, anche proprio come gesto di ribellione nei confronti dell’omologazione generale, per contrastare in qualche modo il mercato pop delle classifiche imposto da radio commerciali e tv, andando così a creare una scena parallela di pubblico e di musica diversa, ricercata, strana, nuova, per l’appunto alternativa. Ora invece è esattamente l’opposto. Si va dove soffia il vento. E va bene così.

La città, la provincia, Chiavari, Milano: quanto (e come, soprattutto) c’entra la geografia nel tuo modo di fare musica?

L’ambiente dove cresci e vivi ha un forte impatto sul processo creativo di ognuno di noi. Sicuramente essendo sempre vissuto a cavallo di due regioni, Liguria e Lombardia, ho sviluppato una sorta di psico-geografia interiore, quindi diciamo che per me è sempre stato un mix di esperienze e luoghi che mi hanno portato a realizzare quello che faccio. Sotto questo punto di vista mi sento come Tedua, che ha vissuto anche lui tra queste due terre e ha ribattezzato questa zona, mappa mentale in GE-MI. Come se Genova fosse una periferia extra di Milano. Poi c’è anche l’estero che influenza gli ascolti e la scrittura, oniricamente, quindi ci si collega con il pensiero agli UK e USA, che puoi vedere di rilesso con un po’ di fantasia, anche nella tua città. Quindi Milano diventa Londra, Chiavari diventa Brighton. E cosa via. 

Se non fossi stato un musicista, che lavoro avresti fatto? 
Mi sarebbe piaciuto fare il calciatore, come tutti i bambini.

Perché tornare dopo 7 anni?

L’Officina in realtà non ha mai abbassato definitivamente la saracinesca, non c’è mai stato un vero e proprio addio ufficiale. Una delle motivazioni sicuramente è stato il rigenero spontaneo di una nuova fascia di fan Gen Z. Inspiegabilmente una canzone in particolare “Un fiore per coltello” è diventata virale su Tik Tok dopo 10 anni e passa dalla sua pubblicazione. Questo ha fatto scattare in me una scintilla, e dire, ma allora dobbiamo tornare a suonare, ci sono un sacco di nuovi giovani fan che non sono nemmeno mai venuti a un nostro concerto perché ci hanno scoperti solo adesso e noi eravamo fermi... dobbiamo farlo, dobbiamo tornare a far cantare forte queste canzoni, dobbiamo farlo ancora, tutti insieme. Inoltre colgo l’occasione per dire che abbiamo fatto la ristampa dei vinili di senontipiacefalostesso uno, con la mia etichetta Hachiko Dischi in collaborazione con Matteo di Garrincha, che purtroppo è venuto a mancare poche settimane fa. L’Officina continuerà a suonare anche per lui. 

Ti descrivono sempre come una persona schiva, come fosse un male. 

È vero, non mi piace apparire troppo, sicuramente si sono schivo, un po’ taciturno.. però mi piace giocare e suonare in giro. Per me un concerto dell’officina è come andare al luna park un po’ ubriachi. 

In un’intervista di nove anni fa ti chiedevano chi saresti stato tra 10 anni e tu rispondevi: “Tra dieci anni continuerò a suonare e a smarrirmi per questi labirinti. Resterò in Italia: ha bisogno anche lei di qualcuno che la sappia raccontare”. Cosa pensi di questa risposta, oggi? E, dunque, chi sei nel 2023?

Ahah, non mi ricordavo di questa risposta, beh qualcosa è vero.. l’Officina è ancora aperta, io sto scrivendo un nuovo disco e credo che andremo avanti ancora per altri 10. Poi nel 2033 facciamo un recap, ok?

Cosa sai del Friuli Venezia Giulia e cosa ti aspetti? E cosa dovranno aspettarsi i friulani e le friulane?

Ho un piccolo legame con il Friuli Venezia Giulia perché mia nonna è di Trieste e mi ha sempre raccontato mille storie assurde sulla Bora che portava in mare le persone (ride, ndr). Non vediamo l’ora di suonare con l’Officina a Villa Manin, che è un posto splendido immerso nel verde, proprio un luogo perfetto dove potersi riabbracciare e cantare insieme.

Concerti a Villa Manin

L’Erpac Fvg, in collaborazione a Vigna Pr, ha realizzato il cartellone di “Concerti nel Parco”, pensato per gli appassionati di nuova musica, alternativa, di qualità e ricercata, italiana e internazionale e per animare e far riscoprire anche la parte più naturalistica della storica residenza doganale e per offrire opportunità di incontro e svago.Daniel Norgren (14 luglio), Black Country, New Road (16 luglio), Jeremiah Fraites (21 luglio), Maria Antonietta (28 luglio).

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