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Sono tornata al cinema dopo sei mesi ed è stato come degustare un piatto prelibato

I cinema erano chiusi dal 25 ottobre. Dal 26 aprile sono riaperti, con capienza ridotta, prenotazione, regole ferree e tanta emozione. Ecco il racconto di una serata che, un tempo, sarebbe stata come tante

Ieri sera sono andata al cinema. Per dire la verità è già la seconda volta, in questa settimana di riapertura. La prima lunedì, che è stata come assaggiare una zuppa bollente dal profumo troppo invitante per resisterle, e poi ieri. Se lunedì è stato quel primo boccone desideratissimo, che ti scotta la lingua per la foga, ieri è stata la degustazione perfetta. Quella in cui ogni boccone è stato assaporato con calma, attivando tutti i sensi. 

E Dio solo sa quanto mi era mancato affondare il cucchiaio delle mie emozioni nel piatto della settima arte. E non me ne vogliano le altre, parlo del cinema perché le sale hanno aperto prima di teatri e musei, ma piano piano so che tornerò ad assaggiare tutto, tutto quello che potrò dal menù della cultura. 

Ma ieri è successo tutto come un tempo e, contemporaneamente, come se fosse una prima volta. Ho finito di lavorare, sono passata per casa, una rinfrescata veloce, una pettinata e via, mi sono incamminata verso il cinema. Una volta di fronte all'ingresso, le persone in attesa. Un chiacchiericcio ormai inusuale, febbrile ma composto. Il distanziamento ha cambiato anche le geometrie della confusione. I saluti, gli sguardi eccitati sopra le mascherine, la voglia di riabbracciarsi come tra persone che si riconoscono in quello che è stato il loro ambiente, fratelli di serate e di spettacoli, e l'abitudine a rispettare le (nuove) regole. E poi l'ingresso, varcare quella soglia quasi magica e fare tutto ciò che ormai fa parte della nostra quotidianità sociale, igienizzarsi le mani, misurare la temperatura corporea, rispettare la fila, parlarsi tanto con gli occhi. 

Ieri è stato un nuovo assaggio di tutto. La serata, organizzata dal Centro Espressioni Cinematografiche di Udine, sarebbe stata una delle tante, già vissute, già recensite, già sperimentate. Ma in questo mondo nuovo, anche la presenza di un giovane regista in sala a presentare la sua opera prima si è trasformata in straordinarietà. Tutti, nella nuovissima sala Eden del cinema Visionario, erano emozionati. Il regista Filippo Meneghetti in primis, debuttante nel debutto, i rappresentanti del Cec in sala, che non potevano mancare al primo - attesissimo - evento del 2021 e il pubblico. 

Che bello sentire parlare dal vivo una persona che non si conosce, una persona appassionata. Sentirla parlare attraverso il suo lavoro, parlare della sua arte, vedere le movenze del corpo emozionato, intuirne i sentimenti senza i filtri di uno Zoom o di un Meet, scoprirne le vibrazioni della voce. Che bello tornare a interagire, che bello tornare a confrontarsi, che bello tornare ad arricchirsi di umanità. 
«Spero di aver lasciato abbastanza spazio dentro il film per farvi prendere ciò che volete prendere», ha detto il regista. Ho pensato che è una frase che può valere sempre, o quasi. E il sorriso ebete che mi si è stampato in faccia da quel momento mi ha accompagnata fino al rientro a casa.
Ascoltando i miei passi che accompagnavano l'avvicinarsi del coprifuoco ho pensato che il film ("Due") mi era proprio piaciuto e che, se anche non mi fosse piaciuto, avrei comunque apprezzato davvero la facoltà nuovamente concessami di correre il rischio di annoiarmi. Ne sarebbe comunque valsa la pena. 

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