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Un mito dello sport / Via Colugna / Via Reana

Addio alla leggenda del basket friulano Nino Cescutti

L'84enne ex stella di Olimpia Milano, Pesaro, Varese e Snaidero Udine è stato investito da un'automobile nella serata di venerdì in zona via Colugna. Ha poi perso la vita appena arrivato al Santa Maria della Misericordia a causa delle gravi ferite riportate

Stava camminando per strada, all’incrocio tra via Reana e il civico 50 di via Colugna, quando un'auto – una Fiat Punto – lo ha travolto, con tutta probabilità a causa della scarsa visibilità dovuta al maltempo. È accaduto nel tardo pomeriggio di ieri, venerdì 21 ottobre. La corsa al vicino Santa Maria della Misericordia è stata inutile. Ha perso la vita all’arrivo in ospedale, a causa delle gravi ferite riportate. Non è ancora chiara la dinamica esatta dell’incidente, che dovrà essere ricostruita dai carabinieri di Udine intervenuti sul posto per i rilievi. Il conducente della vettura – una Fiat Punto ultimo modello di colore grigio – è stato sottoposto, come da prassi, all’alcoltest.

Un simbolo

La vittima era Giovanni Battista Cescutti, classe 1938, e se il nome all’anagrafe dice poco, il nomignolo con cui tutti lo conoscevano, Nino, racconta molti capitoli della storia della pallacanestro friulana, intrisi del suo carisma, della sua forte personalità e del suo incredibile talento. “Ho iniziato a praticare la pallacanestro per caso” raccontava sempre Nino. “Facevo pure calcio, ma essendo scarso mi mettevano in porta o terzino. Con il basket invece me la cavavo bene”. “Bene” è quasi un eufemismo. Se la cavava alla grande, tanto da meritarsi a 19 anni la convocazione in azzurro. È stato il primo friulano della storia ad andare in Nazionale. Con la canotta più importante d’Italia ha giocato un Campionato mondiale nel 1963 e due Europei – 1963 e 1965 –. “Ho il rimpianto di non aver disputato le Olimpiadi, per colpa del commissario tecnico. Non certo mia”. Cresciuto nella Ginnastica Triestina, appena il suo valore emerge l’Olimpia Milano, dominante a quei tempi come accade anche oggi, lo prende al volo. È il 1958. A nemmeno 20 anni per un “carnico friulano”, come si definiva lui, la grande metropoli era dura da digerire. “Non mi trovavo a mio agio”.

Nino Cescutti ai tempi dell'agonismo

Così, dopo uno scudetto, va nella Romagna marchigiana, a dare solidità al mito di una delle grandi piazze della palla al cesto tricolore, la Victoria Libertas Pesaro. Da quelle parti, per due campionati su due (’59/60 e ‘61/62), è il miglior realizzatore della Serie A. Poi cambia di nuovo, destinazione Pallacanestro Varese, nel 1962. In Lombardia, in cinque stagioni, vince un altro scudetto, una Coppa delle Coppe e una Coppa Intercontinentale. Il richiamo della terra d’origine è forte e così, nel 1967, torna a casa: l’obiettivo è portare Udine in Serie A. Centra il risultato al primo colpo e per la prima volta la nostra città partecipa alla massima divisione nazionale con il marchio Snaidero. Gioca fino al 1971, poi inizia la seconda carriera, quella di allenatore. “Preferivo stare in campo, avevo meno responsabilità. Un allenatore deve occuparsi di moltissime cose”. Guiderà prima il Federale Lugano, con l’italo messicano Manuel Raga sul parquet come protagonista, poi l’amata Udine, tentando una salvezza impossibile in A1 – nel 1984/85 – dopo essere subentrato in corsa a un’altra leggenda come il professor Aza Nikolic. Professore, di educazione fisica, lo è stato anche Nino, che una volta smesso con il professionismo non si è mai stancato di cacciare e scovare talenti, di parlare di pallacanestro, di sport in generale, di vita. Era da poco tornato a vivere a Udine, dopo un lungo periodo nella sua Tolmezzo. Lascia i figli e i tantissimi amici della disciplina che ne ha segnato la vita. Rimane, incancellabile, la sua grande storia sportiva. Domenica avrebbe desiderato partecipare al derby tra Udine e Cividale. Ricordarlo prima dell'inizio della gara è il minimo che si possa fare. Se si giocano partite così è anche merito di Nino.

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