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Accuse di diffamazione, il consigliere comunale Zanolla è senza macchia

Aveva definito un vigile come "sceriffo dei locali". Il giudice ha accolto la tesi dell'avvocato difensore del vice capogruppo di Identità civica

"Era il tutore delle partite Iva ed esercitò il diritto di critica senza fare nomi e sconfinare in offese". Questa, in sintesi, la posizione della difesa del consigliere Michele Zanolla, che ha fatto in modo di garantire la sua assoluzione nel giudizio che lo vedeva come imputato. In pratica le sue dichiarazioni, riprese dalla stampa e pubblicate in un post di Facebook, non erano diffamatorie nei confronti del vigile urbano Giulio Dri. Così Zanolla è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Mentre Gianfranco Leonarduzzi del blog “Leopost”, che riprese le sue parole reinterpretandole, è stato condannato a pagare un ammenda di 5 mila euro per aver oltrepassato i limiti del lecito.

I fatti

Ritenendo lesa la propria reputazione, a seguito delle dichiarazioni rilasciate da Michele Zanolla dopo l'inaugurazione di un locale del centro nel dicembre 2020 che era stata bloccata dopo un'ora, l’agente della polizia locale Dri ha denunciato il consigliere e anche Gianfranco Leonarduzzi. Costituitosi parte civile nel processo Dri aveva preteso un risarcimento danni di 50 mila euro da ciascuno degli imputati. Secondo la difesa dell'avvocato Miculan Zanolla ha esercitato "il diritto di critica, contro sanzioni improntate al più rigido e irragionevole formalismo, senza fare nomi, senza usare termini oggettivamente offensivi e diffamatori e senza sconfinare nella gratuita aggressione o contumelia personale".

 Zanolla ha commentato la sua assoluzione con un post su Facebook:

Hanno vinto le partite Iva! È andato a sentenza quest’oggi il processo che mi vedeva imputato per diffamazione aggravata nei confronti del Vigile Giulio Dri. Quest’ultimo aveva presentato una querela avente ad oggetto alcuni miei interventi pubblici in pieno periodo Covid a tutela delle partite Iva udinesi. L’oggetto della mia critica erano i modi, ritenuti eccessivamente improntati al rigore e al formalismo, con cui il citato Vigile aveva sanzionato dei pubblici esercizi, in piena pandemia e con tutte le difficoltà che i commercianti e i ristoratori dovevano affrontare nello svolgimento delle loro attività, pur di evitare chiusure, licenziamenti o, addirittura, fallimenti. Questa mattina il caso è stato discusso avanti al Tribunale di Udine e il Giudice, dott. Faleschini, mi ha assolto con formula piena, perché il fatto non costituisce reato, in accoglimento delle tesi sostenute dal mio avvocato, Maurizio Miculan. Il Pubblico Ministero aveva chiesto la mia condanna alla pena di mesi 4 di reclusione. Il Vigile, costituitosi parte civile, aveva chiesto un risarcimento danni per l’importo di 50.000 euro. Sempre e comunque dalla parte delle partite IVA!

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