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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Cambio nome, da "scarpéts" a "scarpetti"."Scelta incomprensibile"

La Regione Fvg finanzia un progetto di valorizzazione del prodotto dove, però, è previsto un cambio di nomenclatura. Per il capogruppo di Patto per l'Autonomia in Consiglio regionale Massimo Moretuzzo la scelta dell'italianizzazione è sbagliata

Non piace al consigliere regionale e capogruppo di Patto per l'Autonomia-Civica Fvg Massimo Moretuzzo il cambio di nomenclatura riferito agli "scarpéts" friulani previsto con il progetto "Scarpetti. I scarpéts de Cjargne" realizzato in collaborazione con Regione Friuli Venezia Giulia, Erpac Fvg, Carnia Industrial Park, Enaip Friuli Venezia Giulia, Comunità di montagna della Carnia e con il patrocinio del Comune di Tolmezzo. "La volontà è quella di tutelare il patrimonio culturale delle calzature tipicamente friulane, promuovendo anche la formazione e lo sviluppo di una nuova imprenditorialità del settore", avevano fatto sapere dall'amministrazione regionale. Ma per Moretuzzo, il fatto che la nomenclatura sia "priva di ogni riferimento chiaramente identificabile come friulano" è un problema. E così l'autonomista ha presentato alla Giunta Fedriga un'interrogazione. "Quali ragioni sono alla base della scelta di questo marchio incredibilmente italianizzato?".

Il progetto

L'interrogazione riguarda il progetto del museo carnico delle arti popolari di Tolmezzo, che vede tra i suoi partner anche la Regione e che ha come obiettivo la tutela e la valorizzazione della cultura popolare e soprattutto di un sapere antico, fortemente radicato alla storia del territorio, attualizzandolo. "La scelta di questa denominazione - ha evidenziato Moretuzzo - è assurda non solo dal punto di vista identitario. Le lingue minoritarie sono uno strumento formidabile di marketing. Studi accreditati, tra cui la ricerca di Franco Rosa dell'università di Udine sull'efficacia della comunicazione di marketing in lingua friulana, attestano una pratica diffusa in tutto il mondo. È già discutibile il fatto che si debba registrare il nome di oggetti universalmente conosciuti come scarpets (registriamo forse i termini 'pane' o 'latte?), perché una ditta veneta l'ha già registrato come marchio, ma che si scelga la sua italianizzazione perché lo ha fatto uno zelante notaio del 1931 in un documento dotale, è inconcepibile", chiosa Moretuzzo in una note. "A differenza del vicepresidente della Regione con delega alla Cultura, Mario Anzil non nutro nessun affetto per l'italianizzazione dei termini, per usare le sue parole, anche perché ricordo che nel 1931 il regime fascista non aveva certo simpatia per il friulano, e per le lingue minoritarie in generale, e l'italianizzazione era imposta", puntualizza il capogruppo di Patto per l'Autonomia. "Auspichiamo un progetto serio di promozione di una calzatura che da sempre appartiene alla tradizione della nostra terra, delle sue comunità, non solo dell'area montana, che passi per il coinvolgimento dei soggetti che la producono ancor oggi eredi di un artigianato storico che ha saputo fare di necessità virtù creando calzature belle, pratiche e sostenibili grazie al riuso consapevole dei materiali", conclude. 

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