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Venerdì, 29 Marzo 2024
sanità pubblica in difficoltà

Morta dopo un turno di notte di 14 ore in ospedale: l'appello per una sanità "che non uccida"

Il presidente della Società italiana sistema 118 (SIS118) risponde all'appello di un'infermiera del Pronto soccorso di Udine, che chiede attenzione dopo la morte improvvisa della dottoressa Lucia Damiano

Un bollettino impietoso. Le notizie dagli ospedali di tutta Italia sono sempre meno rassicuranti, ormai da anni. E il covid c'entra fino ad un certo punto, perché la situazione ha iniziato a peggiorare prima dello scoppio della pandemia. Il personale sanitario è, infatti, allo stremo un po' ovunque: sottodimensionato, sottopagato, e potremmo dire quasi "sfruttato", costretto in turni massacranti. L'esodo verso le strutture private, che garantiscono stipendi e orari migliori, sta spolpando il pubblico, costretto così a rinviare interventi e creare liste d'attesa lunghe mesi se non anni.

A Roma in difesa della sanità pubblica

Quindi i disagi escono dalle porte degli ospedali, arrivando nelle città, nei paesi, nelle comunità, nelle case delle persone che si sentono sempre più trascurate. Ma i disagi appartengono anche a chi si spende giorno dopo giorno dentro le strutture pubbliche, avendo sposato una professione che è, spesso e volentieri, una missione di vita.

Proprio in un momento delicato come questo, colpisce molto la risposta di Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118 (SIS118), alla richiesta di aiuto di un'infermiera del Pronto soccorso di Udine, arrivata via social qualche giorno fa a seguito della morte improvvisa della dottoressa Lucia Damiano.

Aver dedicato la vita, la nostra vita, all'emergenza sanitaria è stata, ed è, l'affermazione più profonda di una nostra connotazione identitaria, la nostra più autentica vocazione, forse la parte migliore di noi stessi.
Ma non può rappresentare, per nessuno di noi, e per alcun motivo, una scelta suicidaria.
Confermo tutto il mio personale impegno, presente e futuro, perché l'emergenza sanitaria, nel nostro Paese, sia territoriale sia ospedaliera, sia riconosciuta nei fatti quale il cardine primo istituzionale della difesa e della protezione tempo dipendente della vita della popolazione nazionale e non la dimensione reietta della sanità in cui ci hanno vergognosamente precipitati, abbandonati, sviliti e traditi i decisori, tutti i decisori più alti governativi degli ultimi trenta anni. 
Affinché chi lavori in emergenza vada davvero a vivere con gioia e ardente crescente passione il suo giorno pieno di lavoro e non a porre formidabili basi per morire prima del tempo. 
Ci sono, ci siamo e ci saremo.
Daremo tutto di noi stessi perché ciò accada.

La richiesta di aiuto arriva a margine del decesso inaspettato della dottoressa Damiano, che si è spenta nel sonno mentre si trovava in casa propria lo scorso 11 dicembre. Originaria della provincia di Salerno, si era trasferita nel 2003 in Friuli Venezia Giulia, dopo la specializzazione in medicina interna all’università di Napoli. In un secondo tempo aveva conseguito la specializzazione in anestesia e rianimazione nel capoluogo friulano. Appena arrivata in regione aveva lavorato per un anno al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria della Misericordia, poi si era spostata presso il pronto soccorso area di emergenza dell'ospedale di San Daniele. Da maggio 2022 era tornata in città per lavorare al pronto soccorso udinese.

Il messaggio ricevuto da Balzanelli

Ricevo questa notte un altro messaggio struggente, tristissimo, lacerante, da una infermiera del Pronto Soccorso di Udine.
Mi chiede aiuto.
È sconvolta.
Mi racconta della "sua dottoressa", LD, medico di Pronto Soccorso, 50 anni.
Così la descrive: "preparata, velocissima, attenta istruttore acls, sapeva fare tutto, gentile, con noi infermieri, presente, formava, collaborativa, medico di ps che aveva fatto anche 118, mamma, coccolona".
"Dedita al ps, capace, preparata, veloce, non era una marchettara, una che ci credeva. Si faceva in 4. Sempre col sorriso ma lo sguardo attento". 
LD, appassionata e dedita, attenta e premurosa, molto brava e sensibile.
Una di noi, che non si risparmia, che sul lavoro da' tutto, più di tutto, oltre tutto, oltre se stessa.
LD, che non si sottrae a ritmi serrati, incalzanti, sotto pressione continua, di una dimensione lavorativa frenetica che ormai rappresenta, per gli evidenti contesti di altissima criticità, l'inevitabile sforzo sovramassimale oggettivamente, e direi impietosamente imposto a chiunque operi, in difesa della vita, in emergenza.
LD fa il turno di notte, 14 ore.
Un turno in cui, in mezzo alla solita baraonda, dà il meglio, si spende senza riserve e, ancora una volta, fa la differenza.
Riprende tre arresti cardiaci.
"Dopo una notte assurda con una folla enorme di gente, 3 arresti ripresi in mezzo ad una marea di cazzate".
LD smonta, sfinita, ancora una volta, dal turno, in cui anche alla fine dello stesso "ancora apriva casi, non mollava"... 
"Va a casa , si occupa della figlia, va a dormire. Non si è più svegliata. L'ha trovata la figlia di 14 anni questa mattina nel letto morta".
"Io l'ho abbracciata l'altra mattina perché mi era venuto così. L'avevo vista magra e spenta."
Qui l'infermiera, improvvisamente, si rivolge a me: "Io non la conosco, sono una senza filtri, le chiedo di aiutarci perché credo che possa farlo. Non voglio svegliarmi e vedere i mulini a vento. Lei che forse può ci aiuti. I ps stanno andando a picco con le persone che come L e me ancora ci credevano nonostante gli anni e la fatica. Per favore. Non facciamo morire questo lavoro. Io sono una infermiera, lavoro in emergenza da 18 anni. Io vorrei solo che lei che può per favore ci aiuti. Noi e tutti quelli vecchietti come me e L che ancora fanno le notti in piedi per fare bene questo lavoro. Grazie".

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