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Resistenza agli antibiotici, l'allarme parte da Udine

Il pericolo è che nel 2030 il tasso di resistenza arrivi al 70%

L'uso eccessivo e/o abuso degli antimicrobici in medicina umana e veterinaria, così come in agricoltura, rappresenta una delle principali cause dello sviluppo e della diffusione di microrganismi resistenti alla loro azione e quindi della loro perdita di efficacia.  Lo scenario tratteggiato dagli organismi internazionali è drammatico: il rischio è infatti quello di contrarre infezioni fatali, anche durante le operazioni chirurgiche, che non si sapranno come sconfiggere, al pari del rischio di andare incontro ad esiti invalidanti. L'allarme riguarda la mancanza, fra qualche anno, di antibiotici efficaci da somministrare per la profilassi peri-operatoria o come terapia per possibili complicanze infettive.

L'infettivologo

I dati riferiti dal Direttore della Clinica di Malattie Infettive del'Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine, Matteo Bassetti, destano preoccupazione: le infezioni da batteri resistenti sono cresciute del 13 per cento dal 2005 al 2015 e la resistenza è destinata ad aumentare. Le previsioni peggiori riguardano gli antibiotici di seconda e terza linea per i quali il tasso di resistenza nel 2030 potrebbe essere addirittura del 70 per cento più alto che nel 2005. 

I dati

Tra il 2015 e il 2050 oltre 2,3 milioni di individui potrebbero morire in Europa, Nord-America e Australia a causa delle infezioni resistenti. L'Italia risulta in cima alla lista con un tasso di mortalità annuo di 20,1 per 100 mila abitanti, pari a 12 mila decessi. Gli Usa hanno il più alto numero di decessi correlati all'antimicrobico-resistanza: 28 mila morti l'anno. Queste infezioni costerebbero circa 3,5 miliardi di dollari al servizio sanitario di ognuno dei Paesi, pari a 2,3 dollari pro capite. In Italia, Malta e Stati Uniti la spesa pro capite sale a 6-6,5 dollari, stando al recente studio condotto dall'OCSE (Organisation for Economic Cooperation and Development)  citato dall'esperto Bassetti. 

I rimedi

Le strategie contenitive? Il miglioramento dell'igiene nelle strutture sanitarie e l'attuazione di programmi di uso prudente e calcolato degli antibiotici, unitamente alla revisione dell'uso di antibiotici negli allevamenti, possono prevenire dai 30 mila ai 37 mila decessi nei 33 paesi inclusi nell'analisi OCSE, oltre all'uso di test diagnostici rapidi e la prescrizione ritardata di antibiotici.
  Lo studio condotto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), e pubblicato nel 2018 sulla rivista The Lancet Infectious Diseases, evidenzia che il 68% dei DALYs -  l'indicatore che stima la somma degli anni di vita persi per mortalità prematura (Years of Life Lost) e degli anni di vita vissuti in condizioni di salute non ottimale o di disabilità (Years of Life lived with Disability) – è stato causato da infezioni dovute a quattro specie di batteri antibiotico- resistenti: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae resistenti a cefalosporine di terza generazione, Staphylococcus aureus resistenti alla meticillina e Pseudomonas aeruginosa resistente ai carbapenemi. Le infezioniu da batteri resistenti ai carbapenemi o alla colistina sono responsabili del 38,7 per cento dei DalYs. In particolare, il “peso” sanitario delle infezioni da K. Pneumoniae resistente ai carbapenemi è aumentato più di sei volte dal 2007, sia in termini di numero di infezioni sia di decessi.

Uso inappropriato

Recentemente era stata diramata anche una 'allerta sugli antibiotici che appartengono alla famiglia dei chinoloni e dei fluorochinoloni, l'allarma è stato lanciato in aprile dall'AIFA (Agenzia italiana del farmaco) per il rischio di gravi effetti collaterali. Quelli di vecchia generazione sono in fase di ritiro dal mercato, mentre per i rimanenti l'uso deve essere ristretto. La revisione, come ha diramato l'EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), si focalizza principalmente sugli effetti a lungo termine che interessano i sistemi muscolo-scheletrico e nervoso. In generale si osservano consumi molto elevati anche nelle sotto-popolazioni: l'uso di questi antibiotici è spesso inappropriato (donne con età compresa tra 20 e 59 anni, trattate per infezioni non complicate delle basse vie urinarie) e si riscontra anche un particolare profilo di rischio associato (negli anziani con età ≥75 anni si registra l'aumento di danni tendinei). Anche l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha chiaramente raccomandato di usare i fluorochinoloni con particolare cautela in questi pazienti, che sono uno dei gruppi a maggior rischio di effetti indesiderati.

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