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Ricordato il giovane Michele, “Catone friulano” contro il precariato contemporaneo

Commemorazione civica spontanea a Udine nel salone dell'antico Parlamento del Friuli. Travain (Fogolâr Civic - Academie dal Friûl): “Questa stupida società egoistica , figlia del libero capitalismo, non merita affatto eroi così nobili, ma la rivoluzione e il pugno di ferro!”. Strali contro il Comune, assente all'incontro.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

“Sotto gli occhi silenti della grande storia della Piccola Patria, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico 'Fogolâr Civic' e il Circolo Universitario Friulano 'Academie dal Friûl', unitamente a tutti coloro che riconoscono i veri valori di umanità, civiltà e dignità, incarnati in grembo all'agro di Aquileia, rendono omaggio deferente e affettuoso ad un moderno 'Catone Udinese' ovvero 'del Friuli' nella figura tragica ed alta del compianto giovane tarcentino Michele Valentini, ad un anno esatto dal suo estremo gesto di ribellione contro la tirannide del precariato contemporaneo”. Mercoledì 31 gennaio 2018, al Castello di Udine, presso lo storico Salone del Parlamento della Patria del Friuli, di fronte all'effigie di Catone Uticense, emblema civico di somma rivolta contro l'oppressione (il personaggio si uccise rifiutando di vivere sottomesso a Cesare), le bandiere del più grintoso civismo udinese si sono piegate per onorare il bravo ragazzo friulano uccisosi un anno prima come atto massimo, nobile e pio, di protesta civile contro le persistenti precarietà lavorative ed esistenziali, diffuse nella società anche locale di oggi. “Istighiamo al suicidio se onoriamo un ragazzo che non ha trovato altri modi e spazi per denunciare incisivamente il disagio impostogli dalla società e dalle sue istituzioni, a procedere dalla spesso meschina realtà friulana?”: questo si è chiesto retoricamente il presidente del Fogolâr Civic e dell'Academie dal Friûl, prof. Alberto Travain.

“Una situazione come quella odierna richiederebbe una rivoluzione, ma Michele, oltremodo pio, non ha voluto infierire su altri, giudicabili come colpevoli ovvero complici, responsabili del degradato sistema imperante. La nostra stupida società – ha detto Travain –, figlia del libero capitalismo, ragione di tanti mali della corrente globalizzazione, non merita eroi così nobili, pronti a suicidarsi per richiamarne l'attenzione sul baratro verso cui è indirizzata, ma un pugno di ferro che possa correggerne vanità e stoltezza, ipocrisia ed egoismo. Quella di Michele fu debolezza, inadeguatezza, o irriducibile, friulana, onestà, inconciliabile con il compromesso? Dovremmo chiudere questa splendida sala, poiché l'antico Parlamento del Friuli e la Repubblica Serenissima allora imperante vi celebrarono il suicidio di Catone, indisponibile a vivere soggetto ad una tirannide? A quegli stessi padri noi affidiamo il gesto di Michele!”. Dopo il discorso commemorativo, tenuto dal prof. Alberto Travain, sono intervenuti lo studioso romano Alfredo Maria Barbagallo e il blogger sandanielese Maurizio Di Fant, delegati Fogolâr Civic rispettivamente alla cultura e ai rapporti con il territorio; la prof.ssa Renata Capria D'Aronco, cameraro presidente dell'Arengo udinese. Presente anche rappresentanza del Cerimoniale Fogolâr Civic con le signore Marisa Celotti, Milvia Cuttini e Luigina Pinzano insieme alla segretaria del sodalizio Jolanda Deana e alla vicaria sociale, dott.ssa Maria Luisa, che ha, a nome del movimento, ha deposto una rosa rossa allo scranno parlamentare sottostante l'effigie di Catone. A rappresentare i genitori del compianto, è intervenuta un'amica di famiglia, nella persona della signora Anna Zilli.

Molto criticata l'assenza di una pur invitata delegazione del Comune, che ha completamente ignorato il mesto evento, assicurandosi così gli strali del combattivo civismo intervenuto in sala. È stata ricordata la nobile lettera lasciata dal giovane, ad interpretazione dell'estremo gesto, già pubblicata sulla stampa e sui social, che si riporta con rispetto massimo. “Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità. Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile. A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare. Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie. Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino. Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento. P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto”.

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