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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Gabriele Giacomini: "A livello tecnologico, Udine è un riferimento regionale e nazionale"

Intervista all'assessore comunale all'Innovazione: al centro della conversazione, le opportunità e i limiti della Rete, la fuga dei cervelli all'estero e il rapporto personale con il sindaco Honsell

Ha da poco scritto un libro sul rapporto tra padre e figli e lo ha fatto insieme al suo sindaco, Furio Honsell, che lo ha voluto come assessore all’Innovazione al Comune di Udine. Gabriele Giacomini, 28 anni, è il simbolo della nuova politica non solo udinese ma, forse, anche nazionale. Come si rapporta la città con le nuove tecnologie? E quali sono gli atteggiamenti dei giovani nei confronti del futuro sempre più interconnesso? Sono solo alcune delle domande che Udinetoday gli ha rivolto per comprendere meglio il 'viaggio' tra passato e presente.

Lei è diventato assessore all'Innovazione un anno e mezzo fa: che cosa è cambiato, nella nostra città, da quella data?

La nostra città sta imparando a convivere con la crisi, o meglio, sta provando a fare della crisi una transizione verso un nuovo stile di vita e di produzione. Lo sta facendo faticosamente e non senza contraddizioni. Sta all'amministrazione riconoscere le forze positive, e dare loro spazio, e valorizzarle.

Secondo lei Udine può considerarsi una città all'avanguardia - rispetto al resto del Paese - in termini di tecnologia e innovazione?

Udine è per gran parte del suo territorio cablata con una infrastruttura di banda ultra larga, fra pochissimi mesi lo sarà totalmente. I punti di accesso wifi presenti in città sono stati moltiplicati nell'ultimo anno. Per quanto riguarda le tecnologie della comunicazione, che sono quelle più importanti in un mondo globalizzato e in cui l'aspetto immateriale del valore è sempre più centrale per i processi produttivi, siamo senza dubbio un punto di riferimento in ambito regionale e nazionale.

Dove si potrebbe migliorare per rendere Udine più competitiva?

Credo sia fondamentale che la cultura dell'innovazione diventi sempre più diffusa fra la popolazione e fra i decisori pubblici. Spesso il principale freno verso una maggiore competitività risiede nella paura verso l'innovazione. L'innovazione è rischiosa, non si improvvisa ma si prepara con un lungo lavoro che può rivelarsi spesso un fallimento, solo rare volte un successo che ripaga di tutto. Da tempo, con diverse azioni, supportiamo il Parco scientifico e tecnologico Danieli, vera e propria scuola concreta d'innovazione e di prossima imprenditoria. Inoltre con la Camera di Commercio stiamo organizzando Future Forum, una serie di incontri con massimi studiosi internazionali sul tema del futuro, credendo che la sfida legata alla mentalità sia ormai decisiva e non più rinviabile.

Insieme al sindaco Furio Honsell, è stato autore del libro 'Prima che sia Domani' (ed. Mimesis / Sx): ci svela il suo rapporto con il primo cittadino?

Il sindaco è stato e continua ad essere innanzitutto un maestro. E' stato mio professore all'Università di Udine di un corso che si chiamava Logica filosofica e matematica. Avevo 19 anni e durante la prima lezione non capivo un assunto che riguardava la teoria degli insiemi. Lui mi disse che se non condividevo questo assunto potevo anche andarmene dall’aula. Ovviamente non me ne sono andato e durante la lezione successiva sono tornato sull'argomento. All’esame finale ci ha portato un vassoio di ciliege da mangiare durante l'interrogazione. Il sindaco conduce le giunte un po’ come conduceva le lezioni. Con uno stile che sfida le persone con l'obiettivo di farle crescere e di crescere insieme a loro. Per questo non mi sono ritrovato spiazzato e ho riconosciuto in lui una persona  dotata di concretezza e visione, con una forte razionalità ma anche con una generosità e sensibilità molto spiccate. 

Nel testo si parla molto dei giovani: ritiene che siano un po’ chiusi oppure le nuove generazioni hanno adottato una mentalità diversa?

In tempi passati il friulano, volente o nolente, ha dovuto aprirsi al mondo ed emigrare con la valigia di cartone. Ora i miei coetanei emigrano con la valigia in fibra di carbonio. Dopo decenni, l'apertura al mondo non è un fatto legato tanto alla mentalità ma alla necessità di costruire un futuro che possa essere il più possibile stabile e che possa offrire prospettive concrete. I giovani italiani se ne vanno all’estero per vedere cose nuove: uno stipendio degno di questo nome, ad esempio. Ma il cosiddetto brain drain penalizza fortemente il nostro Paese nel suo complesso, come comunità. Per la società italiana si tratta infatti di un drenaggio di risorse giovanili spesso motivate, un’enorme perdita di risorse intellettuali qualificate. L’Italia in questa nuova ‘guerra delle competenze’ è troppo spesso terra di saccheggio. Di fatto con la fuga dei cervelli si oblia una parte importante dell’élite italiana, che fugge per non combattere. Invece io credo che alla fine sarà decisivo chi ha la forza o l’incoscienza di non fuggire. In tanti dicono di andare via dall’Italia. Invece bisogna rimanere, tornare ed organizzarsi, anche se è difficile. 

Giacomini-3Il libro, inoltre, evidenzia pregi e difetti della Rete, ovvero la possibilità di interconnessione e di informazione, ma allo stesso tempo l’astrazione dalla vera quotidianità: come risolvere questo paradosso?

Il paradosso si risolve utilizzando consapevolmente la Rete. Il successo di questi strumenti innovativi e le comodità connesse al mondo digitale e virtuale possono essere grandi occasioni ma possono anche trasformarsi, in alternative a portata di clic, in rifugi a prezzo scontato. Le illimitate potenzialità della tecnologia da un lato, e le sempre più limitate opportunità nella vita reale, rischiano di spingere i giovani a guardare il futuro con grande sfiducia e pessimismo e a rifugiarsi in realtà virtuali che li fanno sentire attivi, potenti, creatori. È un vero e proprio circolo vizioso: più i giovani si immaginano onnipotenti nel mondo virtuale più rischiano di ritrovarsi nella loro massima impotenza reale e relazionale. E viceversa. Invece bisogna tenere bene a mente che i luoghi delle nostre democrazie non traggono la propria origine, la propria legittimazione da like, cinguettii o da commenti. La Rete deve diventare quindi uno strumento per costruire qualcosa nella società reale, non un parcheggio o uno sfogatoio per i giovani.

Se le chiedessero: “cosa significa 'innovare' nel 2014?” Cosa risponderebbe?

È attitudine alla ricerca in tutti i campi, primi fra tutti quelli della scienza e della tecnologia ma non solo. È specializzarsi in un ambito senza mai perdere di vista il contesto dove si vive e si opera. E' avere più strategia e meno tattica. È combattere il “si è sempre fatto così”, il pensiero pigro e conservatore. Come dice il Rettore dell'Università di Udine De Toni, l’innovazione è disubbidienza andata a buon fine. Sottoscrivo ed è quello che devono fare i giovani nel 2014.

Da qualche settimana, in città, si svolge il Future Forum: cosa inserirebbe nel programma della manifestazione oltre a ciò che è già presente?

Il Comune di Udine ha supportato questa importante manifestazione e, in collaborazione e di concerto con la Camera di commercio, intende focalizzare l'attenzione su alcuni temi che riguardano la sua azione peculiare di ente locale, affinché sia in grado di rispondere sempre meglio alle esigenze del territorio e dei cittadini. In vari appuntamenti ragioneremo sulle prospettive della amministrazione digitale e partecipata e della democrazia diretta, ma anche su come misurare le esigenze dei cittadini e i risultati di policy in una società post industriale e, ancora, sulla relazione fra economia e giovani. In tutti i casi saranno coinvolte anche le imprese, affinché ci sia la possibilità di pensare a nuove forme di sviluppo sui temi proposti.

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