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Honsell: «Per Fontanini si può dire "can che abbaia non morde"»

L'ex sindaco e consigliere regionale di Open Fvg attacca il sindaco sull'atteggiamento tenuto da parte del suo successore nei confronti della cessione dei beni della Provincia alla Regione

«Il Sindaco Fontanini ha espresso al Consiglio delle autonomie locali il proprio parere favorevole al passaggio di proprietà alla Regione dei beni della Provincia di Udine, cosa che in campagna elettorale aveva giurato che non avrebbe mai fatto. Si potrebbe dire “can che abbaia non morde”, ed è evidente che se una parte importante del patrimonio storico e artistico di Udine passa in blocco a Trieste – con buona pace di tanta retorica friulanista – questo avviene perché c’è una Giunta amica e quindi la posizione precedente era da intendersi semplicemente uno stratagemma polemico nei confronti della giunta Serracchiani». A dichiararlo, attaccando di fatto il primo cittadino Pietro Fontanini, è il suo predecessore Furio Honsell. 

Senza chiasso

«Anche io da Sindaco mi opposi al trasferimento della proprietà di palazzi malgrado questo fosse proposto da una giunta politicamente a me vicina  prosegue Honsell  e lo feci senza fare chiasso, ottenendo quel risultato che oggi Fontanini ha deciso di cestinare per guadagnare punti con i suoi danti causa triestini, favorendo l’approvazione di un atto di centrale importanza senza un vero dibattito e con pesanti conseguenze sul patrimonio friulano».

Le partecipate

«Parimenti sbagliata è la volontà di favorire la suddivisione delle quote di proprietà degli enti e delle partecipate (come l’Ente Fiera o il centro di innovazione)  conclude Honsell  aumentando il peso della Regione o attribuendo una funzione eccessiva a comuni piccoli o piccolissimi che,  come l’esperienza del pordenonese insegna, finiranno per non essere in grado di svolgere le loro funzioni e quindi alieneranno ai privati le proprie quote. I rischi di questa situazione sono, da un lato la perdita di autonomia nel caso in cui quote importanti vengano trasferite in proprietà alla Regione e – dall’altro – il rischio di una privatizzazione attraverso l’alienazione di quote da parte dei comuni, al di la di un pubblico dibattito di merito».

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