Dalla Biennale a Tolmezzo, la mostra di Guarneri e Horiki
Oltre il visibile e l'invisibile, immagini della luce tra Oriente e Occidente
Per il suo essere soglia fra Oriente e Occidente dell'Europa, la Carnia è luogo ideale per ospitare un'arte in cui proprio l'esperienza di una soglia si manifesta come centro e senso del percepire e dell'operare dell'artista. Una mostra, che inaugura venerdì 16 giugno alle 18 a palazzo Frisacco, mette in scena una soglia essenziale in molte fra le espressioni più elevate dell'arte: la soglia che ad un tempo unisce e differenzia visibile e invisibile, luce e colore, io e mondo.
L'esperienza di questa soglia viene qui messa in scena con l'aiuto di due maestri della pittura contemporanea in cui essa si lega intimamente al rapporto fra Oriente e Occidente: Riccardo Guarneri (scelto – uno dei cinque italiani su 120 artisti internazionali – da Christine Macel per la Biennale di Venezia di quest’anno. Per Guarneri si tratta della seconda edizione dopo quella del 1966), la cui opera, ispirata dal fecondo vuoto dello Zen e dalla luce dell'ultimo Rembrandt, è ormai percepita come classica nel panorama della pittura analitica; e Katsutomi Horiki (fotografia in basso), la cui pittura, ormai profondamente apprezzata da numerosi conoscitori nazionali ed internazionali, vuole essere percepita come il viaggio di un secondo Ulisse, capace di integrare nel proprio percorso, generandoli in nuova forma, i più fecondi stimoli della spiritualità giapponese. Guarneri sarà presente all'inaugurazione, in cui converserà con il filosofo Salvatore Lavecchia e lo storico dell'arte Alessandro Puppo nella conferenza che farà da contrappunto all'evento iniziale della mostra.
Sia in Guarneri sia in Horiki, la pittura si manifesta come attività che stimola chi guarda a generare una nuova forma di percezione, capace di trascendere ogni infecondo dualismo fra spirito e materia, visibile e invisibile, io e mondo, vita e morte. Si tratta, dunque, di una pittura in cui l'arte riscopre quel legame con l'etica che essenzia la vita d'ogni opera veramente classica, e che rende l’opera produttrice di esperienze autenticamente nuove, trasformative. Etica intesa non come sterile applicazione di norme, ma come immaginazione creatrice di relazioni armoniche fra io e altro, identità e differenza, interiorità ed esteriorità, dove la percezione non diviene barriera, ma soglia mediante cui l'io accoglie le domande che il mondo gli manifesta: infinito dono di sé e, dunque, manifestazione del bene. La mostra vuole mettere l’accento su questa dimensione etica dell’arte, evidenziando, tramite la scelta delle opere, le affinità d'intenzioni dei due artisti, nonché la potenza formativa di un nuovo percepire, che le loro opere sono capaci di rivelare.
L’auspicio è, dunque, non quello di realizzare un'intellettualistica iniziativa per specialisti, ma di manifestare un evento capace di coinvolgere le persone nell’integralità del loro essere. Un evento, quindi, che contribuisca a trascendere quelle scissioni fra percepire, sentire e pensare cui possono essere ricondotte le tante crisi che caratterizzano il presente.