Zeno De Rossi Trio presenta l'album "Kepos" da Gnagne Sese
Martedì 25 alle ore 21.00 presso l'Osteria Gnagne Sese andrà in scena "Zeno De Rossi TRIO", ovvero: Francesco Bigoni, sax tenore, Giorgio Pacorig, tastiere e Zeno De Rossi, batteria.
A capo del trio Zeno De Rossi, grande batterista che collabora da anni con Franco D'andrea, con Vinicio Capossela e molti altri. Una comunione d'intenti e un'intesa cresciute nel corso di un'amicizia sono gli elementi che danno la forte coerenza a musica e suoni del bel cd Kepos, a nome del trio del veronese Zeno De Rossi e in edicola questo mese allegato alla rivista Musica Jazz (con una copertina pensata da Zeno Brunetto, altro veronese). Completano il terzetto il sassofonista ferrarese Francesco Bigoni, un cervello del giovane jazz italiano fuggito all'estero (in Danimarca), e il pianista elettrico friulano Giorgio Pacorig, che con De Rossi ha trovato una splendida empatia sin dal 2002 quando registrò il bellissimo My Mind Is On The Table.
I tre si caratterizzano con forza e personalità lungo tutto l'ascolto, grazie alla mancanza del basso (che finisce per diventare un tratto distintivo) ma grazie anche a una capacità di trovare un equilibrio tra melodie intense, vaghi accenti soulfoul, accordi jazz, improvvisazione, le pennellate orientaleggianti di Khaim e riflessioni ai limiti dei territori della psichedelia. Se a fare da filo conduttore del progetto sembra essere la gamma sonora di un piano elettrico capace di trasformarsi in effetto distorto, al termine dell'ascolto rimane impressa la strepitosa pronuncia di Bigoni, una sorta di Joe Lovano di nuova generazione, mentre De Rossi sembra sempre in grado di dare il colpo giusto al momento giusto. Il disco grazie a queste caratteristiche mantiene, pur nella diversità dei brani, una propria forte coerenza e continuità tra le sei composizioni dello stesso De Rossi, i due pezzi a nome di tutto il trio e poi Deep Dead Blue di Bill Frisell e Elvis Costello, Cheyenne di Robin Holcomb e Forthright di Vic Chestnut. Tra i destinatari delle dediche dei vari pezzi (oltre agli amici) ci sono i nomi di Allen Ginsberg, Etty Hillesum, Butch Morris, Paul Motian. Saranno queste forse le fonti di ispirazione della musica e del progetto di De Rossi? E forse qui c'è quella stessa matrice ebraica che ha generato una fetta consistente dell'avanguardia newyorkese? Una cosa non esclude l'altra, ma certamente non c'è nulla di troppo pedissequo od ovvio e questo disco è un possibile esempio di come il jazz possa essere una musica attuale, figlia del proprio tempo ed emancipata.