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Il film della settimana: Posti in piedi in paradiso, di Verdone

Prosegue l'attesa rubrica di Luigi Virgolin del Comune di Bologna, friulano di Sottoselva. Ogni settimana ci presenta una pellicola da vedere: per capire, per criticare, perché è il cinema

Per sapere dove siamo arrivati e dove stiamo andando con la nostra italica società alla deriva, è più proficuo vedere l’ultimo lavoro di Carlo Verdone piuttosto che seguire i dibattiti sulla famiglia di tanta politica nostrana, a scopi elettorali (e non) ancora largamente eterodiretta dal Vaticano ed arroccata ciecamente su posizioni conservatrici. Perché ci assomiglia davvero parecchio il caotico marasma di relazioni ed affetti che anima Posti in piedi in paradiso, e che costringe tre padri separati e in bolletta a convivere in affitto sotto lo stesso tetto e a barcamenarsi tra ex-mogli e famiglie allargate, avvocati ed assegni familiari.

Verdone, cavallo di razza del cinema italiano più squisitamente popolare, ha un talento naturale nel fabbricare e dare sostanza fisica a dei caratteri credibili, tanto più se dai contorni irregolari, affetti da piccole insufficienze, tic e manie compulsive. E quando, memori dell’incommensurabile lezione del Monicelli de I soliti ignoti (1958), i protagonisti fanno rovinosamente irruzione in un appartamento di anziani nelle vesti inconsuete di ladri, esplode liberatoria la tradizione antica di Cretinetti e Tontolini. Ossia di quel corpo comico, sempre uguale e sempre diverso, che con le sue traiettorie imprevedibili e impazzite sovverte e manda all’aria l’ordine borghese costituito.

La seconda parte del film, in particolar modo la conclusione, si appesantisce e perde per strada quella felice carica anarchica distribuita con leggerezza in precedenza. Un po’ perché i caratteri commettono il peccato di ambire alla dimensione di personaggi a tutto tondo, con quel manto di psicologia e di complessità che non gli appartiene. Un po’ perché il regista vuole tirarne la morale, di cui non si avvertiva la necessità. Ripetendo blandamente che in materia di figli è soprattutto una questione di dare: tempo, fiducia, amore. E di dare liberamente, senza egoismi. Altrimenti le file dei nuovi poveri (di spirito) sono destinate ad ingrossarsi rapidamente.

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