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Cinema

Il film della settimana: Magnifica presenza, di Ferzan Ozpetek

Prosegue l'attesa rubrica di Luigi Virgolin del Comune di Bologna, friulano di Sottoselva. Ogni settimana ci presenta una pellicola da vedere: per capire, per criticare, perché è il cinema

Chi è la presenza adombrata dal titolo? È Pietro (Elio Germano), giovane in cerca di identità e certezze, che ha lasciato la lontana Catania per Roma, fornaio di notte con il sogno bruciante di fare l’attore? O sono le ombre, distinte ed enigmatiche, che popolano la sua nuova casa al quartiere Monteverde e che provengono da un’altra epoca, gli artisti della compagnia Apollonio intenti a provare uno spettacolo dal titolo Sogno proibito? L’uno è funzionale agli altri, e viceversa, nell’ultimo film di Ozpetek, e infatti la prima apparizione dei fantasmi agli occhi di Pietro avviene allo specchio, in un rimando di sguardi riflessi. Lui avrà bisogno di quegli strani inquilini per superare i suoi personali fantasmi nell’arte e nella vita e riconoscere la propria diversità. Al contempo quei personaggi in cerca d’autore, imprigionati nello spazio e nel tempo perché fedeli a un’idea (l’antifascismo) ma traditi da un delatore, hanno bisogno di un pubblico che creda non soltanto nella realtà della finzione ma anche nella sua efficacia: non semplice arte per l’arte dunque, ma arte in grado di agire per liberare la realtà.

Magnifica presenza mira dritto al senso del fare artistico, già largamente esplorato da tanto cinema (e non solo). Il terreno è altamente seducente ma scivoloso, terra di contesa tra il sonno e la veglia, tra finzione e realtà, dove una sottile e ambigua membrana divide ciò che sta dentro da ciò che sta fuori. Al netto di certi ingredienti ricorrenti nella sua poetica – una gaia confusione sessuale, il piacere per la tavola, la famiglia allargata – va riconosciuto al regista italo-turco il coraggio di aver tentato qualcosa di più arduo e completamente diverso rispetto al panorama del cinema italiano e pure alla sua filmografia. Peccato veniale sono certi personaggi minori, non ben definiti, o al contrario fin troppo caricaturali, che indeboliscono e confondono le trame del film. Ciò che purtroppo non convince pienamente è la realizzazione nel suo complesso, che rimane a mezza via: l’impasto tanto agognato di arte e vita non ha la forza necessaria per diventare metafora universale, ma resta confinato ad uso e consumo di quello spettatore troppo preso dai suoi fantasmi e dai suoi compiacimenti.

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