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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Private equity, strumento alternativo per lo sviluppo. Fvg in testa

Ma le aziende friulane devono superare la tendenza alla chiusura del capitale a soggetti esterni e prepararsi meglio per essere più "appetibili". Fvg terzo in Italia per operazioni (dati Afi), soprattutto con Friulia

Per ricorrere al private equity – in soldoni, l’operazione tramite cui investitori istituzionali rilevano quote di società apportando nuovi capitali o acquisendo azioni dai soci esistenti –, le aziende, comprese quelle friulane, devono essere trasparenti verso se stesse, analizzare con chiarezza la propria situazione e le prospettive, prepararsi meglio su una serie di requisiti per essere più “appetibili” (da una precisa descrizione dell’azienda e dei suoi punti forti a un piano strategico-economico per il futuro) e superare la tendenza alla chiusura del capitale a soggetti esterni, «timore che hanno soprattutto le aziende piccole di mettere a rischio l’indipendenza decisionale, che  però può significare di converso sviluppo dell’azienda e la possibilità, perciò, di competere con strumenti adeguati in un mercato globale fatto da operatori con le spalle sempre più forti». È chiaro che esistono casi più e meno “sani” di equity, ma il fondo d’investimento non va visto «come un nemico in casa, in quanto il suo interesse è coincidente a quello dell’imprenditore, che vuole giustamente guadagnare e aumentare il valore dell’impresa». Carlo Asquini, amministratore unico di Alpimerchant, consulente finanziario e membro di Italian Angels for growth (Iag), uno dei principali gruppi di “business angels” presenti in italia, è stato relatore del secondo incontro del ciclo che la Camera di Commercio di Udine, tramite la sua declinazione Friuli Future Forum, sta realizzando in questi mesi in stretta collaborazione con le categorie economiche.

Il Fvg, secondo i più recenti dati Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital), è tra le regioni che nel 2012 hanno registrato più operazioni: 24, come l’Emilia Romagna, al terzo posto dopo le 101 della Lombardia e le 27 di Veneto e Lazio. La maggior parte degli investimenti viene svolta grazie a Friulia, e se è vero che i numeri restano significativi è anche vero che le imprese friulane «dovrebbero essere portate a conoscere più a fondo l’equity e prepararsi per essere considerate dagli investitori nazionali ed esteri». Secondo il consulente, il nostro sistema imprenditoriale fatica a mettere nero su bianco la pianificazione del proprio sviluppo, complice anche la situazione di crisi. «L’ingresso di un nuovo socio in azienda porta l’imprenditore ad avere un nuovo partner con cui confrontarsi e a formalizzare i principali processi decisionali e di controllo. Ciò consente, talvolta, di accorgersi in anticipo di eventuali problemi e porvi rimedio per tempo».

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