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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Piccole e Medie industrie udinesi: Paniccia confermato al vertice

Il Presidente uscente è stato confermato all'unanimità. Eletti anche i quattro Vice-Presidenti nelle persone di Bernardino Ceccarelli, Fabrizio Mansutti, Ferrante Pitta e Marco Simeon

Il Consiglio generale dell’Associazione Piccole e Medie Industrie di Udine, da poco rinnovato, si è riunito questa settimana confermando, all’unanimità, Massimo Paniccia Presidente dell’A.P.I. di Udine, anche Presidente della Federazione Regionale delle Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia-Confapi Fvg. Sono stati eletti i quattro Vice-Presidenti nelle persone di Bernardino Ceccarelli, Fabrizio Mansutti, Ferrante Pitta e Marco Simeon; confermato il Tesoriere Marco Bigotti. E’ stata ricostituita anche la Giunta Esecutiva, allargata, su proposta del Presidente Paniccia, alla più ampia partecipazione di tutti i Consiglieri “disposti ad impegnarsi e a contribuire al bene del sistema delle imprese in un momento particolarmente difficile come quello che stiamo attraversando”.

Paniccia, dopo aver ringraziato i colleghi imprenditori per la conferma della fiducia, ha ricordato l’importante ruolo che sono chiamati a svolgere sul territorio, sia come imprenditori per la loro responsabilità di gestire al meglio l’azienda - bene fondamentale per il sistema dell’economia ma anche per la comunità e per i suoi risvolti sociali -, sia come associazione datoriale, che ha il compito di rappresentare e tutelare gli interessi delle piccole e medie industrie.

Il Presidente Paniccia, con il Consiglio Generale, ha da subito stabilito le priorità d’azione individuando nelle conseguenze del patto di stabilità l’urgenza immediata da affrontare senza indugio. Le imprese edili del Friuli-Venezia Giulia sono infatti alla soglia del collasso per la paralisi dei lavori pubblici determinata dall’applicazione del patto di stabilità Stato-Regione. All’Associazione Piccole e Medie Industrie di Udine sono associate più di 100 imprese del comparto delle costruzioni, dei manufatti in cemento e marmo e dei materiali lapidei, oltre alle altre appartenenti ai diversi settori che forniscono lavori, servizi e prodotti alla pubblica amministrazione, e hanno lanciato un grido d’allarme sulle conseguenze che le rigidità poste dalle complesse norme europee hanno a cascata sugli enti locali e, di riflesso, sull’intera industria edile.

“I lavori pubblici - spiega Paniccia - costituiscono, in una fase recessiva delle commesse private (civili e industriali), di gran lunga la principale fonte di attività delle piccole e medie imprese edili, e gli enti locali, i Comuni in primis, costituiscono a loro volta le principali stazioni appaltanti della nostra regione. Così, per i vincoli posti dal patto di stabilità sulle uscite di cassa degli enti locali, né potranno essere messi a gara i lavori già progettati e finanziati, né potranno essere iniziati quelli già appaltati, né potranno essere pagati i lavori eseguiti, almeno nei termini previsti. Questo stato di cose porterà in Friuli-Venezia Giulia rapidamente alla chiusura della totalità o quasi delle PMI del settore, con lavoratori che si troveranno senza occupazione e con conseguente incremento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Ciò avrà un effetto immediato anche sul bilancio regionale, determinando una diminuzione delle entrate derivanti dalla compartecipazione erariale (si pensi a 6/10 dell’Irpef, ai 4,5/10 dell’Ires, ai 9,1/10 dell’Iva, ai 6/10 delle ritenute alla fonte, ai 9/10 dell’imposta erariale sull’energia, al 29,75% dell’accisa sulla benzina, al 30,34% dell’accisa sul gasolio per autotrazione e al gettito IRAP), con una conseguente contrazione del budget totale disponibile che non sarà più sufficiente a coprire le spese di competenza (sanità, enti locali, spese correnti) e, quindi, non resteranno più risorse per lo sviluppo”.

Fino al 2012 la Regione Fvg aveva superato i vincoli posti dal patto coprendo il debito dei Comuni per investimenti pubblici mediante trasferimenti, mentre nel 2013, sulla base della legge finanziaria, la Regione potrà coprire meno del 50% degli importi previsti se l’importo stanziato di 90 milioni di euro, di cui si sta parlando in questo periodo, non potrà essere integrato con ulteriori risorse. Il Consiglio Generale chiede perciò un’immediata soluzione politica e anche coraggiosa che veda al centro la Regione Friuli-Venezia Giulia come interlocutore dello Stato, che consenta, quanto meno, di finanziare il restante 50% degli importi, liberando le risorse disponibili nelle casse dei Comuni per pagare i lavori eseguiti o in fase di realizzazione.

“La soluzione va trovata subito - conclude il Presidente Paniccia -, e poiché la nostra Regione in questi ultimi 5 anni, come nessun altro, è stata capace di ridurre il proprio debito, dimezzandolo da 1,6 miliardi di euro a poco più di 800 milioni raggiungendo un risparmio di oltre 150 milioni all’anno, ora tutte noi parti sociali, responsabilmente, dobbiamo chiedere alla Regione di poter valutare se esistono dei margini di manovra per contenere la misura del risparmio e allentare i vincoli del patto di stabilità. Superata l’emergenza ci potremo dedicare a rivedere le regole del patto, escludendo dai suoi vincoli le spese per gli investimenti in opere pubbliche che non possono essere considerate alla stregua delle spese correnti o di funzionamento”.

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