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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Confagricoltura Fvg: no alle nuove norme vitivinicole

Pistoni: "Si tratta di provvedimenti destabilizzanti. Il regime dei diritti d'impianto è il migliore, ma è stato superato dalle norme. Siamo preoccupati anche per l'aumento della produzione"

L’intesa raggiunta a fine giugno per l’approvazione della riforma della Pac ha migliorato alcuni aspetti delle politiche agricole rispetto alle proposte iniziali. Tuttavia è risultata assai deludente per la definizione delle politiche di governo del settore vitivinicolo, in particolare per quanto riguarda il passaggio dal sistema dei diritti a quello delle autorizzazioni all’impianto.

«Ciò comporta – dice il presidente della Federazione nazionale vitivinicola Piergiovanni Pistoni - alcuni problemi molto critici per i nostri produttori. In particolare, la durata del nuovo regime. L’articolato concordato prevede un termine al nuovo sistema, con l’intenzione, dopo il 2030, di arrivare a un sistema maggiormente liberale. Ciò è fortemente destabilizzante per un settore, come quello vitivinicolo, che ha bisogno di una gestione del potenziale produttivo duratura e permanente». Confagricoltura ha sempre sostenuto che il regime dei diritti d’impianto fosse – con alcuni opportuni adattamenti – lo strumento migliore per gestire il potenziale vitivinicolo europeo e nazionale e ha appoggiato le posizioni a sostegno dello status quo. Tuttavia, al termine del negoziato, il quadro che si è delineato prevede il superamento dell’attuale regime in favore di un sistema di autorizzazioni gestito dalle autorità nazionali che partirebbe dal 2016 e che durerebbe fino al 2030.

Preoccupa Confagricoltura anche la percentuale di crescita dei nuovi impianti. «L’aumento del potenziale produttivo fino all’1 per cento annuo per ogni Paese - rimarca Pistoni - potrebbe portare a un sostanziale squilibrio produttivo che era stato raggiunto con il sistema dei diritti. Inoltre, l’introduzione di sanzioni economiche per chi non utilizza le autorizzazioni ai nuovi impianti rappresenta un eccessivo irrigidimento delle procedure a danno delle aziende». Per quanto concerne i diritti attualmente in portafogli, il nuovo regime prevede in via transitoria che essi possano essere convertiti in autorizzazioni entro il 2015 o il 2020, se lo Stato membro lo sceglierà, e avere durata fino al 2018 o al 2023. «In questo periodo - sottolinea Pistoni – potrebbero dunque coesistere le nuove autorizzazioni all’impianto e i diritti preesistenti; ma questi ultimi non avrebbero più opportunità di essere trasferiti in un mercato svalutato. In tale contesto persino l’attuale quadro normativo che prevedeva l’estensione del sistema dei diritti a scelta del Paese membro fino al 2018, sarebbe stato migliore del risultato ottenuto. L’auspicio è che – conclude Pistoni – nel contesto delle norme applicative europee e in quelle di recepimento nazionali si possa trovare la possibilità per limitare le criticità descritte, in primis con la gestione delle nuove autorizzazioni, che dovrebbero essere limitate il più possibile soprattutto nel periodo transitorio».

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