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Legno: in Fvg la crisi resta ma si guarda al futuro puntando sui prodotti di nicchia

Riconversione necessaria che passa dai top di gamma al Made in Italy artigiano. Il segretario Filca Cisl Barchetta: "Le preoccupazioni rimangono"

Se la crisi dell’edilizia e delle costruzioni in generale è ormai conclamata, con una perdita netta, anche sul territorio, di imprese e di addetti (dal 2008, rispettivamente 1.200 e 6.800), anche il settore del legno vive una stagione di grande difficoltà, basti pensare alla “desertificazione” che ha colpito il Triangolo della sedia. Eppure - malgrado il futuro risulti ancora molto incerto e l’occupazione stenti a ripartire – qualcosa inizia a muoversi. Ancora poco per essere ottimisti, ma qualche segnale di un nuovo dinamismo comincia a sentirsi. E’ quanto emerso stamani durante i lavori del consiglio generale della Filca Cisl del Friuli Venezia Giulia, riunito a Codroipo, alla presenza del neo segretario nazionale, Franco Turri.

“Certo – commenta il segretario regionale di categoria, Gianni Barchetta - le preoccupazioni rimangono tutte quante, se si considera che, ad esempio, quasi tutte le aziende del legno del Manzanese stanno utilizzando gli ammortizzatori sociali e le prospettive non sono affatto rosee, basti considerare che la cassa integrazione in deroga, che interessa le realtà artigiane, sarà soppressa nel 2017 e, ad oggi, non sono state profilate alternative capaci di coprire tutte le situazioni di crisi, come quelle che potrebbero investire le imprese con meno di 6 addetti. Senza contare gli attuali ritardi nei pagamenti della cassa, anche fino a 6 mesi”.

Tuttavia, differentemente dagli anni scorsi, si assiste ad un nuovo dinamismo delle aziende del territorio friulano.  “Notiamo uno spostamento significativo ed una volontà di specializzarsi su prodotti di nicchia, sui top di gamma, puntando sul made in Italy artigiano”. Una svolta sostanziale se si pensa a come il Distretto del Manzanese (dove rimangano attivi circa 4mila addetti, sui 13mila originari) sia nato e sia vissuto fino alla crisi sui grandi quantitativi e prevalentemente prodotti di massa. Una riconversione, del resto, necessaria: anche le imprese, infatti, che fino ad ora hanno tenuto meglio, come quelle specializzate, ad esempio, nelle sedute per persone anziane o con difficoltà motorie, hanno cominciato a cedere sotto il peso dei tagli alle case di riposo ed, in generale, a quello che riguarda la cura e l’assistenza alle persone.

E anche nel Distretto del Mobile di Pordenone (che negli anni ha perso, solo nel settore industria, il 25% dei dipendenti e messo in mobilità oltre 2mila lavoratori) si registrano segnali di fiducia, con più di dieci aziende che stanno facendo grossi investimenti (parliamo di milioni di euro) in innovazione, macchinari nuovi, capannoni e stabilizzazione del personale a tempo determinato. E questo per rispondere alle commesse crescenti, legate soprattutto al mondo della subfornitura per le grosse multinazionali.

“Il problema – commenta Barchetta – è che tutto questo, per quanto riguarda sia Manzano, sia Pordenone, non sta avendo ancora ricadute positive sull’occupazione, con la bilancia tra assunzioni e fuoriuscite ancora in perdita e con molti problemi di ricollocamento. E’ per questo che chiediamo alla Regione concrete politiche attive del lavoro”.
E sempre sul comparto legno, dopo la recente firma dell’accordo sull’integrativo territoriale di Pordenone, resta l’attesa per il rinnovo del contratto con Federlegno, al vaglio in questi giorni, e che si profila in salita.

Non sono poi mancate le valutazioni – affidate anche al nazionale Franco Turri - sul fronte del comparto delle costruzioni, con richieste mirate, a partire dall’introduzione della cosiddetta patente a punti per le imprese. Occhi puntati, poi, su due fronti: quello degli appalti (condivisibili gli obiettivi del nuovo codice in materia ed il ruolo di controllo affidato all’Autorità anti-corruzione) con la richiesta di estendere, non solo  alle opere di notevole contenuto tecnologico, il limite del 30% ai subappalti e di armonizzare meglio la normativa che si pone su un tessuto “vecchio”; e quello dei voucher, sul cui utilizzo la Filca sollecita più controlli e limiti per contrastare il boom ingiustificato di questo strumento”.

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