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Economia

Edilizia, mondo cooperativo in allarme: «Crisi rischia di metterci in ginocchio»

Aumento dei costi delle materie prime, carenza di manodopera e allungamento dei tempi di consegna sta preoccupando un settore che paradossalmente vede ancora un forte aumento di richieste da parte della committenza

Oggi come oggi un progetto di tre anni fa è fuori mercato e ci sono altissime probabilità che la gara d'appalto per la realizzazione di un'opera possa quindi andare deserta. Con tutto quello che ne consegue, a maggior ragione se si tratta di un'opera pubblica.

A lanciare l'allarme, già evidenziato tra l'altro anche dalle categorie del settore, è Ici Coop di Ronchi dei Legionari, la più grande cooperativa edile del Friuli Venezia Giulia associata Legacoop Fvg e attiva da 30 anni nella costruzione e progettazione di opere edili civili, industriali e infrastrutturali.

«Il momento è davvero drammatico – conferma il presidente Marco Seibessi – e la crisi che stiamo attraversando colpisce trasversalmente tutte le imprese incluse le cooperative. Il caro delle materie prime, la drastica carenza di manodopera e l'allungamento dei tempi di consegna dei materiali, in alcuni casi addirittura di cinque o sei mesi, rischiano di mettere in ginocchio molte imprese del settore».

Preoccupato anche il presidente di Legacoop Fvg, Livio Nanino. «L’edilizia – spiega – ha sempre rappresentato un settore 'pilota', un termometro capace di anticipare tanto le fasi espansive quanto quelle recessive dell’economia. Questa peculiarità è venuta meno negli ultimi tre, quattro lustri. Il Pnrr, con tutte le risorse messe a disposizione, può rappresentare un nuovo inizio e una nuova spinta propulsiva anche per altri settori dell’economia. Per cogliere questa opportunità – prosegue Nanino –, è necessario coraggio, in particolare da parte del Governo nel ripensare le politiche di settore, nel rivedere i termini del Pnrr, strumento pensato e definito prima che si manifestasse l’attuale crisi geopolitica. È necessario il coraggio di pensare a politiche non legate alle prossime scadenze elettorali – conclude –, ma a ciò di cui ha bisogno il Paese nei prossimi dieci anni. Non c’è alternativa, le imprese hanno già subito prima la pandemia, poi il 110%, oggi la guerra. C’è bisogno di un quadro chiaro e stabile con rischi valutabili».

Opere pubbliche, tra sogno e realtà

Dopo la pioggia di finanziamenti che stanno arrivando o che arriveranno tramite il Pnrr, sono moltissime le amministrazioni pubbliche che ora sognano di poter realizzare delle grandi opere. «Il problema – avverte ancora Seibessi – nascerà quando quelle amministrazioni pubbliche non avranno i fondi per affrontare l'adeguamento dei costi che inevitabilmente le opere subiranno e quindi, forse, sarebbe per certi versi giusto sospendere quei cantieri che in questo momento hanno difficoltà di approvvigionamento dei materiali e soprattutto la criticità di svolgere determinate lavorazioni con un forte disequilibrio tra costi e ricavi».

Il paradosso

Il tutto è reso paradossale da una richiesta da parte della committenza che, invece, è in crescita esponenziale. Lo sa bene anche Ici Coop che con un fatturato 2019 pari a 20 milioni di euro e un 2020 chiuso poco oltre i 25 milioni e un 2021, ancora in fase di chiusura, a circa 30 milioni, vanta un portafoglio lavoro «di cui non ci si può certo lamentare», conferma il presidente della cooperativa. «Il problema è la qualità e la tempistica di esecuzione dei lavori – prosegue Seibessi –. Noi abbiamo spedito, come molti altri colleghi impresari, le richieste a dicembre per l'adeguamento dei prezzi, ma ad oggi su 18 domande abbiamo ricevuto solo una risposta con incasso, mentre delle altre 17 solo due hanno avuto la sottoscrizione dell'atto aggiuntivo che, però, è vincolato al reperimento delle risorse economiche. Una sorta di assegno che sappiamo essere coperto, ma che chissà quando, non voglio dire se, incasseremo».

A tutto questo, come già ricordato, si aggiunge il problema del reperimento della manodopera. «Ad oggi – continua il presidente di Ici Coop – siamo al 40-50% di operai che provengono da altri Paesi e meno male che almeno ci sono, altrimenti il settore sarebbe davvero a rischio. Il Governo – conclude – deve intervenire in tempi rapidi sulle opere in corso e in maniera puntuale. In caso contrario il rischio è quello di perdere ancora pezzi per strada di quello che è il settore delle costruzioni già pesantemente colpito, visto che a livello nazionale si parla di 150 mila imprese di costruzioni e servizi sparite a causa della crisi con una perdita di 600 mila posti di lavoro».

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