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Venerdì, 26 Aprile 2024
Economia

Chiusure festive, «la Regione non si limiti ad attendere le sentenze di Tar e Consulta»

La segretaria Cigil Susanna Pellegrini sollecita «un'azione politica forte della Regione e della presidente Debora Serracchiani a livello nazionale a fianco delle altre regioni contrarie alla deregulation»

«La battaglia intrapresa dalla Regione Fvg sulle chiusure festive non può limitarsi a un’attesa passiva dell’esito dei procedimenti dinnanzi al Tar e alla Corte Costituzionale». Questo il messaggio lanciato oggi a Udine dal direttivo regionale della Filcams, la categoria della Cgil che rappresenta i lavoratori del commercio e del terzario. «Il rischio di una sconfitta è evidente, come hanno già dimostrato i tanti negozi aperti in occasione del 1° novembre», spiega la segretaria Susanna Pellegrini, che sollecita «un’azione politica forte della Regione e della presidente Debora Serracchiani a livello nazionale, a fianco delle altre regioni contrarie alla deregulation».

La Filcams, schieratasi fin dalla prima ora a sostegno dell’intervento legislativo della Regione, non si mostra sorpresa dalle pieghe assunte dalla vertenza. «Sapevamo che molti gruppi della grande distribuzione avrebbero dato battaglia, e proprio per questo non ci si poteva illudere che la legge bastasse a risolvere una questione così delicata e complessa dal punto di vista giuridico. Pur essendo certi che non esista alcun vincolo a un’autonomia legislativa delle regioni, legato a presunte ostative comunitarie, siamo consapevoli infatti che per vincere la sfida è necessario che la questione superi i confini di questa regione, per puntare a una normativa che superi la legge Monti e fissi anche a livello nazionale alcune giornate di chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali».

Quanto all’applicazione della legge 4, la Cgil esprime anche riserve sui criteri di riconoscimento della qualifica di città turistica ai comuni che ne facciano richiesta: «Questo status non può essere riconosciuto semplicemente sulla base di un trend positivo negli arrivi – dichiara ancora Pellegrini – ma deve rispecchiare effettivamente quella “prevalente economia turistica” di cui parla la legge. Nessun dubbio che questo sia il caso di Lignano e di Grado, e che anche il capoluogo regionale possa legittimamente ambire a questo riconoscimento. Senza che però Trieste spacci le aperture festive come una necessità imposta dalla concorrenza slovena: la legge infatti non intervene sulle domeniche, ma soltanto su alcune festività “comandate” in occasione delle quali, nella stragrande maggioranza dei casi, gli esercizi di oltreconfine restano chiusi».

Il riconoscimento della vocazione turistica di un Comune, per la Cgil, deve essere sempre legato al peso effettivo del turismo sul territorio. «Se non sarà così – prosegue Pellegrini – la città turistica rischia infatti di essere soltanto un cavallo di Troia per aggirare la legge e per creare disparità nella sua applicazione sul territorio». Il tema, aggiunge la segretaria, sarà affrontato dai sindacati anche domani in Consiglio, in sede di audizione sulle modifiche al testo unico del turismo del 2005.

Quella sulle chiusure festive non è l’unica vertenza che veda opposti sindacati e grande distribuzione. A rendere tesi i rapporti, in Fvg come nel resto del Paese, è il lungo braccio di ferro sul rinnovo contrattuale: «Con Federdistribuzione – sottolinea Pellegrini – che si ostina ad applicare un contratto scaduto, il vecchio Ccnl di Confcommercio del 2011, e che al tavolo della trattaviva, a fronte di proposte di incremento salariale sensibilmente inferiori a quelli previsti dal contratto Confcommercio del 2015, punta a modifiche sulla parte normativa tese a una gestione unilaterale degli orari e del welfare integrativo da parte delle aziende». Per superare l’impasse della trattativa, ferma da diversi mesi, la Filcams pensa «non soltanto a nuove giornate di mobilitazione dei lavoratori, ma anche a iniziative sul versante giuridico e legale teste a riconoscere il diritto dei lavoratori a un contratto nazionale che di fatto non c’è».

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