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Caro energia: verso il lockdown. Preoccupazione anche in Friuli

"La Regione Fvg e e il Governo intervengano sull’Europa per un provvedimento internazionale": l'appello di Graziano Tilatti di Confartigianato Fvg

Da tempo si sapeva che si sarebbe andati incontro a un periodo difficile per quanto riguarda il caro energia. Dal fornaio alle aziende che lavorano i metalli, fino all’ampia varietà delle imprese impegnate nella subfornitura, l’allarme è generalizzato: il costo quintuplicato dell’energia -4,8 volte a dicembre 2021 rispetto all’anno precedente e, addirittura 5,1 volte a novembre - rischia di produrre un lockdown energetico, con conseguente cassa integrazione e freno a mano tirato sulla ripresa.

L'appello

«Regione e Governo agiscano perché l’Europa prenda provvedimenti, arginando questo shock energetico»: il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti, è costretto a ridimensionare l’ottimismo che contraddistingue ogni inizio d’anno – per di più un anno in cui il Pil è dato in aumento dell’oltre 4% - a fronte delle segnalazioni che gli arrivano ogni giorno dalle aziende associate. «Chi usa i forni, le attrezzature con importante assorbimento di energia, tutta la subfornitura – elenca il presidente – sta registrando costi della bolletta energetica che non sono più né sopportabili dalle aziende né, tanto meno, scaricabili sull’acquirente finale. L’intervento delle istituzioni è urgente, perché la situazione è davvero emergenziale».

Le reazioni

Tra gli imprenditori, che nel frattempo già da mesi hanno messo in atto tutte le azioni possibili per ridurre l’impatto del caro bolletta, «si sta ormai facendo strada l’idea che, se non ci sarà una presa in carico a livello continentale del problema, non se ne può uscire. I provvedimenti messi in atto da Governo sin qui sono positivi, ma del tutto insufficienti ad affrontare il problema». Il ragionamento dei molti artigiani in prima linea è logico: «La produzione dell’energia elettrica green, naturalmente sostenuta e promossa, non è in grado ora, né lo sarà per un tempo relativamente lungo, di far fronte da sola alla domanda del tessuto produttivo – sintetizza Tilatti -. Le istituzioni devono “inventarsi” una soluzione per uscire da questo impasse. L’economia, che nel nostro caso vuol dire migliaia di piccole e medie imprese impegnate ogni giorno a crescere per il benessere dei collaboratori, delle loro famiglie e di tutto il territorio in cui insistono – conclude Tilatti -, non può continuare ad essere ostaggio di dinamiche politiche-diplomatiche internazionali che devono essere risolte positivamente al più presto».

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