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5 cose da sapere se invitate a cena un friulano

La rubrica del portale web "Il giornale del cibo" dedica al nostro territorio una delle sue puntate, fra spunti interessanti e curiosità

“Cinque consigli che vi torneranno sicuramente utili se avete deciso di invitare a cena un friulano”. È questa la logica della rubrica de “Il giornale del cibo”, portale web che ha dedicato una serie di approfondimenti agli accorgimenti da prendere a cena a seconda delle diverse provenienze geografiche del commensale. In questa occasione è stato il turno del Friuli. Un articolo tutto da gustare. 

Il testo dell'articolo, che potete trovare qui nella stesura originale di Angela Caporale. 

Invitare a cena un friulano: 5 cose da sapere

1. Buon vino per tutti, e fate attenzione ad aprirlo con maestria

Chi sostiene che la regione d’Italia dove si beve di più sia il Veneto, sicuramente non si è mai spinto oltre il Tagliamento per conoscere il friulano. Prima di valutare il menu e iniziare a spadellare in cucina, assicuratevi di avere in cantina alcune bottiglie di vino di buona qualità. Ancora meglio se siete riusciti ad accaparrarvi un buon Cabernet o un Friulano che qualcuno, sospirando, potrebbe chiamare ancora Tocai. Preparatevi inoltre a stappare con grazia: state pur certi che dopo avervi visto in difficoltà con una bottiglia, il friulano non vi guarderà più con gli stessi occhi. Lassù a Nord Est, infatti, l’apertura della bottiglia di vino equivale ad un rito di avviamento all’età adulta: saranno padri e nonni ad insegnare la tecnica più adatta o, più spesso, ad osservare con sguardo critico il giovane di casa alle prese con l’apribottiglie. È il suono del tappo che libera il vino a dare avvio ad una nuova fase della vita in cui ci si può rapportare da pari. Chi non ce la fa? Beh, diciamo che non potrà ottenere un pari attestato di stima troppo facilmente.

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2. “Scaravente un taj”

Se non si fosse ancora capito, è dal vino che passa la conquista del friulano che, proprio a contatto con l’amata bevanda, si avvicina alle proprie radici. Una comunione enogastronomica che si esprime, spesso, attraverso l’uso della lingua friulana. Così come non dovreste stupirvi del fatto che verrà spesso invocato il Divino, non deve sorprendervi nemmeno se, rivolgendosi a voi, chiederà un “taglio”.

È ora di preparare bottiglie e bicchieri, non le forbici. Infatti, il “tajut di blanc o di neri” è il classico bicchiere di vino, liscio e, spesso, molto economico. Una nota folcloristica tratta dal testo di una canzone del cantante locale Toni Merlot (che deve il suo nome, come è evidente, all’eno-vocabolario autoctono) suggerisce che il “taj” non venga servito, ma “scaraventato”. Naturalmente l’ospite friulano non vi chiederà mai di lanciare il bicchiere per passargli un calice per un brindisi, ma potrebbe apprezzare la conoscenza della formula completa.

3. Il Friulano è una lingua (e Trieste e non è in Friuli)

Il friulano è molto legato alla sua terra e alle sue tradizioni. Sebbene abbia inventato storpiature del nome dei capoluoghi di provincia particolarmente significativi come “Solit-Udine” o “Porde-noia”, più sarà lontano, più sentirà nostalgia. Che strumento migliore per esprimere questi sentimenti che l’utilizzo dell’idioma locale?

Il friulano adora parlare par Furlan e del Friulano. Aiutato dalla scioglievolezza del vino, amerà raccontarvi curiosità linguistiche e proverbi che tramandano la saggezza popolare. Ma attenzione: non azzardatevi mai a compararlo ad un altro dialetto. Dal 1999, infatti, la marilenghe (letteralmente, “lingua madre”) è riconosciuta come lingua minoritaria storica a tutela locale, in virtù delle molteplici influenze di lingue germaniche, slave, latine. Influenze che echeggiano ancora oggi nel parlato.
Non tutti sanno infatti che, per esempio, “gubana”, tipico dolce delle Valli del Natisone a base di uvetta, frutta candita, noci, pinoli e grappa, viene utilizzato anche come nome comune per “dolce”. Una parola che assomiglia più allo slavo “gubati” che all’italiano. Stesso discorso per le patate che, in friulano, sono “cartofule” e in tedesco “Kartofeln”. La ragione, in questo caso, è anche storica: proprio grazie alle scorribande austriache, infatti, è stata introdotta la coltivazione della patata in Carnia.
A proposito di indicazioni geografiche, senso di appartenenza e “falsi amici”, quando vi capiterà di invitare a cena un Friulano è bene evitare di menzionare Trieste. Il solitamente placido commensale potrebbe animarsi molto in fretta per illustrare, con dovizia di particolari e in un linguaggio particolarmente colorito, tutte le differenze tra Friuli e Venezia Giulia. Non esiste friulano che non conosca almeno parte delle ragioni storiche, geografiche e culturali che dividono in due la Regione. Se sperate di organizzare una serata tranquilla, è meglio non svegliare il can che dorme. Commensale avvisato, mezzo salvato.

4. Ci vuole un toc di formadi, prima del caffè

Venendo alla cena vera e propria, il friulano non avrà richieste specifiche a parte un “toc di formadi”, un pezzetto di formaggio, a fine pasto, appena prima del caffè. Ciò avviene sicuramente per via della tradizione casearia locale che abitua i friulani ad ingerire copiose quantità di formaggi di tutti i tipi: dal Montasio al latteria, fino al formadi frant e al formadi cjoc, la tradizione offre ingredienti per una “formangiata” con i fiocchi.

Per non parlare poi del frico: il re della cucina friulani. Si tratta di un piatto a base di patate e formaggio, preparato in varie versioni. Le più classiche sono quella morbida e quella croccante, ma ogni siora ha la sua ricetta segreta che non vorrà mai condividere con i foresti.

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5. La polenta friulana è gialla

Come in tutte le Regioni del settentrione, anche in Friuli si consuma la polenta sin dai primi mesi di vita. A differenza di altre versioni, però, il friulano definisce tale solo quella fatta rigorosamente con farina di mais, quindi molto gialla, e piuttosto solida. Come insegnano le nonne, poi, il vero modo per tagliarla è utilizzando un filo di ferro teso oppure con un filo da cucito. Così si otterrà il giusto taglio, non troppo netto, per gustarla come si deve.

Di solito viene accompagnata all’immancabile frico, ma anche con una fettina di formaggio stravecchio adagiata sopra e fatta sciogliere conquisterete il vostro ospite friulano prendendolo per la gola.

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Per finire, “Bere l’ultima” è una questione di ospitalità

Concludere degnamente la serata è molto importante. E quale modo migliore che bevendo l’“ultima”? L’ellissi cela la parola “bevuta”, un ultimo giro che potrebbe essere richiesto anche con molta insistenza. Il consiglio quando invitate a cena un Friulano è di non rifiutare: l’ospite potrebbe offendersi. Non rassegnato, continuerà la sua opera di persuasione con un “No varin mica di lassâsi come cjans!”, ovvero un elegantissimo “Non possiamo mica lasciarci come i cani!”.

Ora, non credo che mai nessun friulano si sia davvero interrogato sulle abitudini di congedo dei propri amici canini, però è opinione comune che sia molto disdicevole fare come loro. Preparatevi, dunque, un ultimo brindisi sarà un mandi piacevole per tutti. E se volete davvero stupire i vostri ospiti, potreste cimentarvi nella preparazione di una ricetta friulana doc: brovada e muset. Che ve ne pare?

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