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Cronaca

Vaccini fondamentali secondo CGIL FVG, ma per obbligo sul lavoro serve legge

Oltre all'andamento della campagna vaccinale, per il sindacato preoccupano la crescita degli infortuni mortali (12 in 6 mesi) e i volumi elevati di Cig che ammontano già ad oltre 36 ore.

«La Costituzione parla chiaro: se si vuole introdurre un obbligo vaccinale, l’unica strada per farlo è
l’approvazione di una legge: Governo e Parlamento se ne assumano la responsabilità. La Cgil non sarebbe contraria, mentre dice no a obblighi mascherati imponendo il Green Pass come condizione per l’accesso al lavoro, alle mense aziendali, al trasporto pubblico locale»
.

Questa, espressa dal segretario generale Villiam Pezzetta, la posizione della Cgil Friuli Venezia Giulia in merito alla gestione della campagna vaccinale e delle misure di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Le prospettive di ripresa secondo la Cgil Fvg: preoccupano la crescita degli infortuni mortali (12 in 6 mesi) e i volumi elevati di Cig (già 36 milioni di ore). Sanità fronte critico per liste di attesa e carenze sul
territorio

Contagi sul lavoro

Chiaro il messaggio: non spetta alle imprese né alle parte sociali definire esclusioni e divieti per i non vaccinati. Sì invece, ribadisce il segretario, a rafforzare percorsi condivisi tesi a migliorare la sicurezza in azienda e a favorire l’adesione alla campagna vaccinale. «La nostra – spiega Pezzetta – è stata una delle primissime regioni in cui sono stati firmati protocolli di questo tipo, che hanno dato ottimi risultati in termini di contenimento dei contagi, come conferma il fatto che, su quasi 109mila casi complessivi registrati finora in Fvg, solo 4.345, il 4%, sono avvenuti sul lavoro, due terzi dei quali, peraltro, nell’ambito della sanità e dell’assistenza». Ecco perché la Cgil valuta con favore l’ipotesi di un ulteriore rafforzamento dei protocolli, ma «senza scorciatoie rispetto a obblighi che solo la legge può prevedere».

Sos infortuni

A spingere per un rafforzamento dei protocolli sulla sicurezza non è soltanto l’esigenza di contenere la quarta ondata della pandemia. Per Pezzetta, infatti, «è indispensabile alzare la guardia contro la recrudescenza degli infortuni sul lavoro che ha caratterizzato la prima metà del 2021 sia a livello nazionale che in regione». Se la crescita dei casi complessivi (il +23% nei primi sei mesi dell’anno) rispecchia anche una fase di ripresa economica e occupazionale rispetto al 2020, ad allarmare è l’impennata dei casi mortali, ben 12 tra gennaio e giugno, contro i 7 dei primi sei mesi del 2020: «Considerando soltanto gli infortuni in occasione di lavoro al netto di quelli in itinere– spiega ancora Pezzetta – il dato è addirittura quadruplicato rispetto al primo semestre 2019, 12 casi mortali contro 3, e sfiora già, a metà anno, il totale dei casi verificatisi nell’intero 2019, che erano stati 13».

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L'appello

La Cgil rivolge alle forze imprenditoriali, alle istituzioni e a tutto il mondo del lavoro un appello a
«moltiplicare gli sforzi per invertire la rotta, perché se è vero che tutti tifiamo per la ripresa, non può
trattarsi di una ripresa sulla pelle di chi lavora
». Dietro alla crescita degli infortuni gravi e mortali, per
Pezzetta, anche «il progressivo depotenziamento dei servizi di prevenzione e vigilanza, degli organismi
ispettivi, la difficoltà di presidiare le piccole imprese, le carenze di formazione e di cultura sulla sicurezza
».
Molto ampi, pertanto, i margini per migliorare le azioni e le politiche su tutti i fronti, non ultimo quello
istituzionale, «con provvedimenti che premino le aziende virtuose, come ad esempio la patente a punti
sulla sicurezza, e con nuovi investimenti su vigilanza, prevenzione e formazione, anche da parte della nostra Regione
».
Ribadito che «l’esigenza di rilanciare l’economia e l’occupazione non può mai prevalere sulla tutela della vita e della salute dei lavoratori», Pezzetta guarda con «moderata fiducia» alle prospettive
di ripresa. «Prospettive – rimarca – legate a doppio filo all’andamento della campagna vaccinale, che al
momento resta l’unico strumento che abbiamo in mano per contenere l’impatto della pandemia,
scongiurando lo spettro di nuove restrizioni il cui effetto sarebbe devastante soprattutto sui settori più
duramente provati, come il commercio, il turismo, gli spettacoli e anche alcuni comparti del manifatturiero,
come il sistema della moda e del tessile, o le aziende già in difficoltà prima della pandemia
».

L’andamento delle richieste di cassa integrazione conferma purtroppo che l’allarme è tutt’altro che superato: «Il numero di ore autorizzate, sia pure calato rispetto ai valori irraggiungibili del 2020, resta infatti altissimo», spiega Pezzetta, a fronte di dati Inps che parlano di 36 milioni di ore nei primi sei mesi del 2021, contro i 54 milioni toccati nello stesso periodo del 2020. «Si tratta di volumi ancora enormi – aggiunge il segretario – e soprattutto nell’ambito del terziario, dove si concentra il 50% delle richieste, a conferma che la caduta del blocco dei licenziamenti avrebbe effetti devastanti nei settori più esposti alla crisi».

Sindacati-Regioni

Nel quadro di una ripresa «precaria», Pezzetta vede la possibilità di un’azione più incisiva ed efficace da parte della Regione, «anche attraverso un coordinamento più stretto tra il tavolo generale tra Presidente e le parti sociali, che prosegue in modo positivo, e i singoli tavoli tematici». Le criticità più rilevanti, secondo la Cgil, si riscontrano sul fronte sanità e welfare, dove, «sia pure di fronte a un impatto della pandemia sul sistema ospedaliero che in questa fase appare molto lontano dai livelli di guardia, restano irrisolte piaghe annose come la carenza di personale e la debolezza dei servizi territoriali».
 

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