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Truffa dei canili, spariti centinaia di migliaia di euro pubblici

Sottratti all'adozione oltre 400 cani. La situazione è stata smascherata dalla Squadra Mobile di Pordenone. Coinvolti anche dei Comuni udinesi

Sfruttamento degli animali d’affezione per garantirsi continuativamente introiti illeciti a danno di 58 Comuni convenzionati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto (48 in provincia di Pordenone e 10 in provincia di Udine e Venezia). È l'ipotesi di reato che grava su una 70enne di Arzene – responsabile del canile di Villotta di Chions – che si concretizza nelle fattispecie di reato di truffa ai danni dello Stato e peculato. Allo stato dei fatti la donna è nella condizione di indagata.

Le strutture

Nelle giornate di lunedì e martedì le strutture che fanno riferimento alla vicenda sono state ispezionate dalla Squadra Mobile della Questura di Pordenone. L'inchiesta è coordinata dalla pm della Procura della Repubblica di Pordenone, Maria Grazia Zaina. Si tratta del “Canile di Villotta di Chions”, al civico 18 di via Stigelle a Valvasone-Arzene (PN) e del reparto ricovero e custodia permanente dello stesso canile, a Villotta di Chions in via Villotta 24.

Le violazioni di legge

I comportamenti illeciti sarebbero stati commessi in forza della Legge Regionale in materia di affido. Emergono – secondo gli investigatori – chiari e precisi elementi indizianti in merito alla consumazione di truffe sistematiche ai danni degli enti locali riguardo alle spese per il mantenimento degli animali in canile.

Il metodo

Gli approfondimenti investigativi hanno evidenziato come gli animali venissero ricoverati senza l’attuazione delle procedure di riabilitazione previste e in più occasioni addirittura spostati dal canile di Villotta di Chions, deputato alla degenza e alla custodia, all’abitazione privata della proprietaria della struttura, sottraendo in questo modo gli animali da ogni possibilità di adozione e in piena violazione delle normative sanitarie regionali. Per questi fatti è tuttora pendente un provvedimento di diffida e ordine di sgombero esecutivo, emesso dalla competente Azienda Sanitaria, a oggi non ottemperato.

Il dettaglio

Il modus operandi si estrinsecava in particolare nell’ostacolare e addirittura impedire l’adozione dei cani, permettendo all’ indagata, sfruttando l’elevatissimo numero di animali ricoverati – almeno 400 solamente negli ultimi due anni – di incamerare un ingente guadagno illecito quantificabile in svariate centinaia di migliaia di euro. La cifra era in costante aumento tenendo conto delle costose spese veterinarie, necessarie all’acquisto di farmaci per l’accudimento degli animali, fatturate ai Comuni vincolati dalla convenzione stipulata con la struttura.

L'ispezione

Durante le operazioni i poliziotti, coadiuvati da 8 veterinari comportamentalisti presenti in qualità di CTU individuati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, hanno identificato oltre 400 animali presenti nei due siti oggetto di indagine, esemplari canini riconducibili, attraverso verifica del microchip, agli appalti stipulati con gli enti locali committenti. Trovate nei locali ispezionati centinaia di confezioni di medicinali veterinari scaduti e documenti amministrativi, fiscale e sanitari che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti.

La crudeltà

 L'indagata, invece di favorire le procedure di adozione dei cani ricoverati in convenzione, avrebbe isolato gli esemplari tra di loro in box singoli, senza nemmeno farli “sgambare”, affinché non sviluppassero socialità e condizioni di sviluppo idonee alla loro futura adozione, per assicurarsi così il mantenimento della diaria fatturata ai Comuni affidatari. In alcuni casi avrebbe collocato più esemplari di taglie diverse in aree comuni, lasciandoli di fatto allo stato selvatico, in condizioni di “branco”, per impedire che questi sviluppassero affezione per l’uomo.
           

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