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Cronaca

Terremoti: gli ingegneri del Friuli Venezia Giulia lanciano un monito

La categoria si dichiara preoccupata per lo stato degli immobili regionali. Si sottovaluta la pericolosità e la capacità di resistenza a un ulteriore sisma di parecchi edifici in diverse aree della regione

Gli edifici della regione non sono invulnerabili. Tanto meno possono essere considerate immuni le aree colpite dal terremoto nel 1976. I presidenti dei quattro Ordini professionali degli Ingegneri del Friuli Venezia Giulia – Umberto Natalucci (Pordenone), Salvatore Noè (Trieste), Gianpaolo Guaran (Udine), Fulvio Bressan (Gorizia) – prendono carta e penna e scrivono alla Regione evidenziando come vi sia una «grave carenza di informazioni corrette sulla pericolosità sismica e sugli effetti dei terremoti sugli edifici». In particolare, spiegano i quattro presidenti, «appare diffusa nell’opinione pubblica la sensazione di invulnerabilità degli edifici costruiti dopo il 1976 e di una sorta di immunità futura dalle azioni sismiche delle aree già colpite».
La sola banale analisi della sequenza sismica storica dei terremoti più significativi sottolinea come i tempi di ritorno (frequenza) degli eventi che hanno colpito il Friuli Venezia Giulia sono ben più ridotti dei 500 anni a cui si fa mentalmente riferimento (citando solo i terremoti del ventesimo secolo, Carnia 1908, Verzegnis 1928, Sacile 1936, Zuglio 1959, Gemona 1976).

Il sisma di 36 anni fa, osservano gli ingegneri, «rappresenta un fenomeno di media intensità rispetto ad alcuni eventi accaduti in passato, con una localizzazione non del tutto esaustiva della pericolosità sismica effettiva a cui soggiace la regione: alcune zone (Isontino, Alto pordenonese) potrebbero infatti essere direttamente interessate da eventi molto intensi (con tempi di ritorno di 500 o più anni), tali da portare le loro conseguenze anche in aree considerate, nell’accezione comune, non sismiche, come la provincia di Trieste e la Bassa friulana».

Entrando nel merito degli edifici, i quattro Ordini rilevano che nelle zone colpite nel 1976 persiste un patrimonio edilizio pre-terremoto molto importante, per il quale non è possibile garantire senza adeguati controlli alcuna sicurezza in caso di eventi sismici di intensità elevata, mentre per le costruzioni in aree non definite sismiche fino al 2003 (medio bassa pianura friulana) «sussiste un concreto pericolo di forti danneggiamenti o crolli in caso di un evento sismico di intensità media con epicentro locale». Particolarmente vulnerabili «sono le strutture industriali costruite con sistemi di prefabbricazione in conglomerato cementizio, tipologia strutturale tipica pure di numerosi esempi di edilizia pubblica e scolastica».

E ancora, il panorama edilizio di alcuni grossi agglomerati urbani (Udine, Gorizia, Pordenone), situati in aree con elevato pericolo in caso di un evento sismico significativo, «risulta risalente in gran parte agli anni 60-70, con edifici progettati senza alcun criterio antisismico e comprende costruzioni pubbliche e strategiche: scuole, asili, ospedali, edifici municipali». In tutti questi casi «è necessario procedere ad un controllo che possa aumentare lo stato di conoscenza delle strutture portanti, individuarne il grado di pericolo (o di resistenza residua in condizioni sismiche) per arrivare a una pianificazione dei possibili interventi di salvaguardia strutturale».

Servono, in sostanza, verifiche di carattere strutturale e più in generale una seria prevenzione antisismica e riduzione del grado di vulnerabilità del costruito esistente. Con queste premesse, gli Ordini degli Ingegneri «sono a disposizione per svolgere un’azione di informazione corretta, illustrando i vari livelli di protezione che si possono ottenere nell’ambito della progettazione strutturale e spiegando con chiarezza che la Norma prevede un grado di protezione probabilistico, che quindi non copre tutti gli eventi sismici possibili per il territorio, ma solo quelli probabili (e il grado di protezione aumenta riducendo il margine di probabilità di azione sismica che si decide di non proteggere)». Non sono da escludere «proposte di convenzioni con le associazioni di categoria per attività di controllo/verifica del livello di sicurezza dei fabbricati ad uso produttivo o di servizio (ed eventuali successive attività di intervento atte a ridurre il grado di vulnerabilità sismica)».
 

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