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Cronaca

Il "malessere" di Udine raccontato attraverso le fotografie

"Small Town Blues" è il nuovo progetto di Massimo Rizzi che ha immortalato gli spazi dimenticati della nostra città, descrivendo il fenomeno dell'abbandono sociale ed economico

La crisi economica e quella sociale. Ma anche il senso di vuoto che sta avvolgendo la nostra città e la relazione tra le persone e il proprio habitat. È il cuore dell’indagine fotografica realizzata da Massimo Rizzi, pronto per una nuova esposizione intitolata “Small Town Blues”, un racconto per immagini che immortala la situazione di Udine, già espressa – ma in forma differente – nella mostra “Udine/Appunti sulla crisi” la scorsa estate. 

Il fotografo ci rivela il perché di questo nuovo percorso: «"Udine / Appunti sulla crisi’"e "Small Town Blues’"sono due fasi distinte della stesura di un racconto che cerca di esprimere e condividere il mio turbamento per il malessere che sta interessando la città. Inizialmente sono stato colpito dalla grande quantità di esercizi commerciali chiusi ed edifici abbandonati disseminati a Udine e ho realizzato una serie di immagini eterogenee (gli 'appunti') che mi sono servite per inquadrare il fenomeno. Nella seconda fase ho ampliato e approfondito il tema, considerando anche segni di degrado non imputabili a questioni economiche e ho cercato di descrivere i diversi aspetti in una narrazione omogenea. Udine è una bella città di provincia dove si vive sostanzialmente bene, soprattutto tranquilli, ma mi sembra che un'atmosfera di assenza, vuoto e incuria stia intaccando l'identità fatta di vigore, rispetto e cura che ci è stata trasmessa da chi ci ha preceduto».

A chi si rivolge il lavoro?
«Anche se nelle mie immagini i protagonisti sono gli spazi, il progetto in realtà parla delle persone. Non amo fotografare la gente mettendola alla berlina e sfruttandone l'immagine, per cui qui ne parlo in modo indiretto, descrivendone l'habitat. Parlo del dissennato consumo di suolo delle speculazioni edilizie a fronte dell'abbandono del patrimonio immobiliare storico e dell'inutilizzo delle aree dismesse, della trascuratezza dell'arredo urbano e delle pavimentazioni, ma anche del comportamento dei singoli, di chi abbandona oggetti di ogni dimensione sul suolo pubblico, di chi si arrampica per imbrattare murature e di chi consegna le vetrine dei negozi sfitti alla sporcizia e agli insetti.  Ho cercato quindi di rappresentare equamente queste diverse espressioni di degrado sociale e non solo urbanistico, per evidenziare la responsabilità di tutti, indifferenti compresi, di quelli per cui strade e piazze stanno diventando un luogo dove astrarsi dal reale, ignorandolo, per consultare morbosamente gli schermi dei cellulari e telefonare». 

Massimo Rizzi Small Town Blues

Come sono stati selezionati i luoghi raccontati tramite le immagini? «Questo lavoro mi ha permesso di scoprire la città, percorrendone tutto il territorio e andando quindi in zone in cui non ero mai stato. E' stata un'occasione per conoscere meglio Udine e constatare che i segni del degrado di cui parlo, sono presenti ovunque, dalle periferie fino al centro. Anche per questo ho selezionato gli scatti per rappresentare tutto il territorio, per mostrare che la crisi è intra moenia, è tra di noi e riguarda tutti».

Quali riscontri ha ottenuto la precedente esposizione? 

«La mostra, interamente autoprodotta e ospite di uno spazio privato, ha avuto ottimi riscontri da parte dei visitatori e ora vorrei esporre questo lavoro, senz'altro più maturo, in un contesto istituzionale, supportato fattivamente da un Ente Pubblico. Lo riterrei un'apprezzabile interessamento al  progetto che, da semplice cittadino, ho realizzato per tutti gli udinesi. Ci terrei ad avere questa possibilità anche come fotografo che si occupa principalmente di didattica, per dimostrare come si possano raccontantare storie che ci riguardano con mezzi semplicissimi e attraverso immagini dirette e non artefatte, evitando di ridurre la fotografia ad una sterile pratica tecnologica o a un'estenuante riproposizione di sgargianti luoghi comuni».

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