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Cronaca

La Cisl lancia la sfida alla Regione su contrattazione e produttività

Il Friuli Venezia Giulia diventi terra di sperimentazione. A partire dagli appalti

Anche in Friuli Venezia Giulia esiste una “questione salariale”, tanto che la Cisl lancia la sfida direttamente all’Esecutivo di Fedriga: fare in modo che la regione, con il concorso di politica, parti sociali e datoriali, diventi terra di sperimentazione, forte anche degli spazi di manovra garantiti dalla specialità statutaria.
Punto di partenza per mettere mano ai due grandi pilastri che incidono sulle retribuzioni, vale a dire contrattazione e produttività, è il dibattito di questi giorni sul salario minimo legale, che proprio in Friuli Venezia Giulia, stando alla Cisl, potrebbe trovare una declinazione inedita.
“In Italia – entra subito nel merito il segretario generale Alberto Monticco – c’è un forte sistema contrattuale che garantisce ai lavoratori dipendenti buoni contratti collettivi, tanto è vero che se si prende come parametro il salario medio su base annua, comprensivo, cioè, di ferie, tredicesima e quattordicesima, la paga oraria di quasi tutte le categorie si aggira attorno ai 9 euro (la cifra ipotizzata per il salario minimo legale), in molti casi superandoli. Senza contare le voci aggiuntive previste dal CCNL come, ad esempio, premi, indennità, permessi, oltre ai diritti normativi, uno su tutti la formazione e lo studio, e l’adeguamento triennale dei minimi tabellari al costo della vita”. 
Il problema salariale – per la Cisl – necessita, dunque, di risposte diverse da quelle offerte dal salario minimo legale, soprattutto in una regione come il Friuli Venezia Giulia che, nel confronto nazionale e soprattutto con il Nord, appare in difficoltà.

La fotografia del Friuli Venezia Giulia

Stando ai dati diffusi dall’ultimo report Job pricing e relativo alle retribuzioni del 2018, la nostra regione, sia per gli impiegati, sia per gli operai, si pone al di sotto della media nazionale, con i primi che percepiscono una retribuzione annuale lorda pari a 30mila 590 euro, a fronte di una media nazionale di 30mila 770, e i secondi a metà “classifica” con 24mila 331(contro la media di 24mila 780), seguiti solo dalle regioni del Sud (eccezion fatta per l’Umbria).
Altro tassello della “questione salariale” del Friuli Venezia Giulia, e cartina di tornasole di una produttività complessiva da rilanciare, è l’indagine condotta dalla stessa Cisl sui premi di risultato detassati. Anche in questo caso, la regione registra performance più basse rispetto alla media nazionale, così, ad esempio, sul fronte dei premi procapite medi che, nel 2017, si sono attestati a 1.180 euro, contro un valore medio nazionale di 1.270 euro annui. Quanto, invece, alla concentrazione di lavoratori beneficiari, il Friuli Venezia Giulia segna il 10,3%, in linea con il vicino Veneto, ma sotto di più o meno 3 punti percentuali a Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. 
Analizzando i dati – commenta Monticco – le regioni settentrionali presentano valori medi più bassi della media nazionale a causa di una più diffusa azione di contrattazione aziendale che interessa le piccole e medie aziende, per l’introduzione di premi variabili legati a risultati aziendali e i più basi margini delle aziende locali rispetto ai grandi gruppo presenti al Sud. Proprio per questa tipicità strutturale del territorio, occorre implementare ancora di più il ruolo della contrattazione aziendale con tutte le opportunità connesse, ad esempio ipotizzando una contrattazione di area, perché no regionale, per tutte le aziende che non hanno contrattazione di secondo livello dove inserire anche i benefit legati al welfare”.

La produttività e le richieste alla Regione

Per la Cisl è, dunque, la produttività una delle leve su cui puntare per innalzare i salari medi dei lavoratori e consentire anche una maggiore incisività della contrattazione di secondo livello, sapendo che la contrattazione (aziendale e territoriale), che spesso non c’è nelle piccole aziende, rappresenta non solo lo strumento per redistribuire utili e produttività, ma anche l’unico punto fermo di tutela dei lavoratori e il baluardo contro i contratti cosiddetti pirata, che indeboliscono la struttura contrattuale anche dal punto di vista della sicurezza, e che molto diffusi specialmente nel settore degli appalti. 
 “Se consideriamo che negli ultimi quindici anni la produttività del lavoro è cresciuto attorno al 16,6% a fronte dei salari reali lievitati della metà, è chiaro che per sostenere le imprese e le tasche dei lavoratori occorre tornare a scommettere su politiche industriali di lungo termine, quelle che ancora in Friuli Venezia Giulia, non si vedono” – incalza Monticco. “Senza contare – insiste il segretario cislino – che il Friuli Venezia Giulia continua ad essere una regione a due velocità, per quanto riguarda il tessuto imprenditoriale: lo scarto tra le grandi imprese e quelle di piccole dimensioni si allarga sempre di più e su questo andrà senz’altro aperto un ragionamento, che deve vedere assieme istituzioni, parti sociali e datoriali. Se fortunatamente le grandi imprese come Fincantieri oggi registrano, dopo anni di flessione, carichi di lavoro da record, dall’altra parte esistono realtà, altrettanto importanti per il territorio, ma in forte sofferenza, basti pensare solo a metalmeccanica, siderurgia ed edilizia”.

La scommessa

Oggi la scommessa che questo sistema Paese e quindi la Regione dovrebbero porsi – va dritto al punto Monticco – non è il salario minimo legale, ma della contrattazione territoriale e aziendale, del welfare, degli accordi improntati alla bilateralità, della capacità di cogliere le evoluzioni nella vita delle imprese e dei settori produttivi. Il contratto nazionale non può essere messo in discussione, ma in un sistema sempre più dinamico e aperto, non potrà che essere – come già sta accadendo – la contrattazione decentrata a dettare le regole della produttività e delle ricadute sui lavoratori ed a favorire la crescita e l’ammodernamento del sistema. E in tutto questo chiediamo alla Regione di farsi soggetto garante e regista sul territorio”. 
Come? Rilanciando dal livello regionale la tematica nazionale della misurazione della rappresentanza e della rappresentatività delle parti, e nel concreto del territorio, ad esempio, stabilendo regole certe (diverse da quelle dei contratti economicamente più vantaggiosi) per gli appalti; andando a stanare il lavoro irregolare che copre ancora una buona fetta di persone e dotando di maggiori risorse umane l’attività ispettiva (oggi in Italia a fronte di 1,8 milioni di aziende con dipendenti, gli ispettori del lavoro, Inail e Inps in organico sono solo 4mila).

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