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Lunedì, 2 Ottobre 2023
Guardia di Finanza

Facevano fallire apposta dei supermercati friulani grazie a una banca segreta cinese

Operazione della Guardia di finanza di Bologna: sequestrati beni per un valore di oltre 32 milioni di euro, 25 misure cautelari, 32 persone denunciate, 15 arresti

Un sodalizio criminale che commissionava fallimenti a catena e si occupava anche di riciclare denaro sporco, evadere il fisco e operare trasferimenti di denaro in una banca clandestina e di prostituzione è stato messo in ginocchio da un'inchiesta della Guardia di finanza di Bologna. Nelle indagini è stata coinvolta anche la provincia di Udine, dove sono state eseguite delle perquisizioni delegate. Grazie alle indagini delle fiamme gialle è stato dato seguito a un sequestro preventivo di beni per oltre 32 milioni di euro, sono state eseguite 25 misure cautelari, denunciate 32 persone, di cui 15 tratte in arresto. Oltre a Udine sono coinvolte anche le province di Ancona, Arezzo, Barletta, Bologna, Brescia, Crotone, Foggia, Lucca, Milano, Monza e Brianza, Napoli, Parma, Pavia, Prato, Reggio Emilia, Roma, Torino, Trapani, Treviso, Venezia e Verona.

I fallimenti

Gli accertamenti, eseguiti da parte del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna, hanno permesso di ricostruire le gesta della cosiddetta “banda del buco”, composta da bancarottieri “seriali”. Ecco come si erano organizzati: acquisivano società in crisi, ma dotate di apprezzabili asset. Poi le depredavano, fino a condurle al fallimento. L’organizzazione, nel corso del 2020, aveva messo sotto controllo un gruppo societario dell’hinterland bolognese composto da una holding e altre tre società a responsabilità limitata. Il gruppo aveva ben 32 supermercati in diverse regioni: Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Si occupava anche di dermo-cosmesi. Con diverse operazioni di “sciacallaggio” la banda ha fatto fallire le varie società. Tra le principali operazioni contestate, figurano la distrazione di 25 punti vendita, trasferiti, nell’imminenza del fallimento, a new-co riconducibili all’associazione, bloccando quindi la riscossione coattiva da parte dell’Erario per 3 milioni e 300 mila euro di tributi. La conduzione illecita della catena di supermercati ha permesso agli indagati di lucrare sulla gestione del personale. Oltre due milioni di euro di crediti d'imposta fittizi sono i proventi illeciti. Con una società di "comodo" l'organizzazione ha assunto personale e somministrato lavoro compensando i contributi previdenziali e assistenziali, nonché le ritenute sul lavoro dipendente. Gli ingenti proventi illecitamente accumulati sono stati reinvestiti in nuove iniziative imprenditoriali, tra cui l’acquisto di un noto prosciuttificio nel Parmense. Altri sono stati trasferiti – per la loro successiva “ripulitura” – a società italiane ed estere compiacenti sulla base di fatture false emesse ad hoc per giustificare i flussi finanziari.

Complici cinesi, una banca segreta e prostituzione

Tra queste spiccano tre “cartiere” di Milano, amministrate da persone di etnia cinese irreperibili che, in meno di un anno, hanno emesso fatture false nei confronti di centinaia di imprese italiane realmente esistenti per 7 milioni di euro, nonché ricevuto bonifici sui propri conti aziendali per 11 milioni di euro. Dagli accertamenti, fanno sapere le fiamme gialle, è emerso che i cinesi implicati erano inseriti in un sistema di trasferimento dei fondi illeciti, attraverso canali estranei ai tradizionali circuiti finanziari, così da aggirare anche i controlli antiriciclaggio, consistente in meccanismi “triangolari” di compensazione del denaro movimentato che ricalcano l’operatività della cosiddetta "Chinese underground bank". Si tratta di una banca clandestina con "sedi" in diverse città della Penisola che trasferiva i soldi, si parla di miliardi di euro, che arrivano da operazioni illecite verso la Cina. In sostanza, agli imprenditori italiani veniva dato del contante di dubbia provenienza per un importo equivalente, al fine di monetizzare l’evasione fiscale e sottrarre risorse alle società. Coinvolti due coniugi (una cinese e un italiano) residenti nell’aretino che facevano da tramite. I due sono anche implicati in un “giro” di prostituzione.

Gli obiettivi futuri

Nell’ultimo periodo la banda avrebbe messo gli occhi su una storica società ittica del tarantino dotata di un consistente patrimonio, ma sovra indebitata e in crisi di liquidità, in procinto di essere “saccheggiata”.

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