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Cronaca

Senza contratto e con salari ai limiti, protesta nel mondo coop sociali

La situazione si protrae da sei anni. Orietta Olivo (Fp-Cgil):«La rabbia e il malcontento sono presenti tra lavoratori e lavoratrici del comparto»

Aumenti salariali degni di questo nome, «non inferiori a quelli già ottenuti nei settori pubblici e privati del welfare», e un giusto riconoscimento per i quasi sei anni trascorsi dalla scadenza dell’ultimo contratto applicato fino a oggi. È quanto rivendicano gli oltre 7mila lavoratori, tra operatori socio sanitari ed educatori, delle cooperative sociali attive in regione, per il rinnovo del contratto, fermo al triennio 2010-2012.

Rabbia e malcontento

Si tratta della componente più debole del welfare, la meno tutelata sotto il profilo economico – la retribuzione media è di 1.000 euro lordi mensili – e contrattuale, ma anche quella che sta crescendo di più sotto il profilo numerico, se si considera il crescente ricorso ad appalti ed esternalizzazioni da parte degli enti pubblici. «Non vorrei che si stesse sottovalutando – dichiara Orietta Olivo, segretaria regionale della Fp-Cgil – la rabbia e il malcontento presenti fra le lavoratrici e i lavoratori del comparto, stanchi di essere considerati alla stregua di ruote di scorta del nostro sistema di welfare, pagati meno e con meno diritti dei colleghi con cui spesso lavorano fianco a fianco».

Sempre meno tutele

Appalti al massimo ribasso, continue riduzioni di orario, che molto spesso spingono i salari al di sotto dei limiti di sussistenza, violazioni contrattuali, quote sociali imposte spesso come vere e proprie tasse per avere un posto di lavoro, utilizzo scorretto e forzato del part-time, titoli pagati a caro prezzo ma che non impediscono di essere sottoinquadrati e quindi sottopagati. Questi i mali ormai incancreniti, denuncia ancora la Cgil, «di un settore la cui crescita, purtroppo, è inversamente proporzionale ai livelli di tutela». Da qui la mobilitazione per il rinnovo contrattuale, con l’avvio di assemblee nei luoghi di lavoro, decisa dai sindacati dopo il rinvio della trattativa nazionale no-stop, «dalla quale ci attendevamo – conclude Olivo – adeguati incrementi salariali e nuove regole per combattere comportamenti padronali che contraddicono la natura stessa della cooperazione sociale».
 

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