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Martedì, 19 Marzo 2024
ambiente / Tarvisio

Gli ambientalisti sono preoccupati per la tappa del Giro d'Italia sul Lussari

Le associazioni ambientaliste hanno scritto al Prefetto e alla Soprintendenza

Il Friuli si prepara per l'arrivo del Giro d'Italia ma tra l'entusiasmo dei più, c'è anche più di qualcuno che storce il naso. A scrivere al Prefetto e alla Soprintendenza sono state, nei giorni scorsi, le associazioni ambientaliste friulane, con la firma dei presidenti regionali di Italia Nostra, Legambiente e Wwf che dal 2019, attraverso petizioni, lettere e sopralluoghi, fanno richieste di chiarimento e tentativi di limitare l’impatto della manifestazione."Oltre ai forti dubbi sull’opportunità di utilizzare risorse della Protezione Civile e addirittura del Fondo Vaia (dove non sono caduti alberi!) per cementificare i circa 8 chilometri della strada che sale dalla Val Saisera, tre sono, in sostanza, gli aspetti critici sui quali viene richiesto un accertamento", scrivono in una nota.

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Il primo punto riguarda la gestione degli spazi, definiti "oltremodo limitati e quasi privi di aree pianeggianti" dalle tre associazioni. "Tremila sono i biglietti della funivia venduti agli appassionati, a questo numero vanno aggiunti i 700 addetti al servizio d’ordine e all’organizzazione e tutti coloro che saliranno a piedi o in mountain-bike. Il Comune di Tarvisio ha predisposto una ventina di parcheggi per complessivi dodicimila posti auto. Dove si sistemerà tutta questa gente? Dove si metteranno e come si porteranno i necessari gabinetti chimici, il palco, eventuali tribune, l’assistenza sanitaria, i servizi per i ciclisti, le transenne con gli striscioni pubblicitari? E quale immagine daranno dell’incantato Borgo del Lussari che si vuol pubblicizzare?", provano a contestare i presidenti regionali di Italia Nostra, Legambiente e Wwf.
Un altro problema, secondo gli ambientalisti, riguarda la sicurezza e la regolarità della corsa. "La tappa dovrebbe svolgersi con qualsiasi condizione atmosferica, ma la cementificazione del fondo stradale e l’aver coperto oltre una novantina di canalette di scarico delle acque meteoriche ed eliminato alcuni guadi rischia, in caso di pioggia, di far defluire lungo l’itinerario una grande quantità d’acqua, unita ai detriti scaricati dai ripidi versanti", sottolineano.
Infine, quello che le tre associazioni considerano l’aspetto forse più delicato. "Nella esasperata ricerca di “sensazionalismo” e di toccare luoghi inediti, pare che i fautori della tappa si siano dimenticati di osservare le disposizioni del Piano paesaggistico regionale, che vieta di asfaltare e allargare strade nell’area vincolata e quelle della stessa Soprintendenza che avrebbe autorizzato solo la pavimentazione con un materiale ecologico e drenante, di cui sembra, non ci sia traccia", concludono. 

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