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Cronaca

Dolori e danni psicologici dopo l'operazione: l'ospedale la risarcirà con 100mila euro

Il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità dei medici dell'ospedale di Udine che hanno causato a una donna friulana un grave ematoma epatico durante un'agobiopsia

Dopo quasi 13 anni, una donna friulana, oggi 45enne sarà risarcita con quasi 100mila euro dall'Azienda ospedaliera di Udine per un'operazione che le ha causato gravi conseguenze fisiche e psicologiche. La Corte d’Appello di Trieste ha riconosciuto la responsabilità dei medici che hanno causato alla donna un grave ematoma epatico durante un'agobiopsia. Dopo una battaglia durata quasi 13 anni, la donna – assistita dallo Studio3A – è riuscita finalmente a vedere riconosciuto dalla giustizia civile l'errore professionale commesso dai medici che l’hanno avuta in cura all’ospedale di Udine, con la relativa condanna della locale Azienda ospedaliera al risarcimento di tutti i danni fisici e morali subiti, quantificati in quasi centomila euro.

I fatti

La vicenda è iniziata nel 2007 quando la donna, accusando persistenti dolori all’addome, si è rivolta al reparto di Chirurgia del Santa Maria della Misericordia dove i medici, l’8 agosto, sospettando la presenza di un epatocarcinoma fibrolamellare, hanno deciso di sottoporla a un’agobiopsia epatica della lesione, risultata infruttuosa, con deviazione dell’ago durante il primo tentativo. E al termine della procedura, dopo tre ore, l’hanno rimandata a casa. Da questo momento è iniziato il calvario per la paziente, che dopo quattro giorni si è dovuta ripresentare all’ospedale di Udine. Dal Pronto Soccorso l’hanno riportata in Chirurgia dove la visita ha rivelato la diagnosi di “ematoma epatico ed emoperitoneo”, risultato “secondario (cioè conseguente, ndr) a biopsia epatica”. La paziente è rimasta ricoverata per più di tre settimane, è stata sottoposta a svariati interventi chirurgici di pulizia e svuotamento dell’ematoma, finendo per alcuni giorni anche in Terapia Intensiva. E quando l’hanno dimessa ed è tornata a casa, la sua vita non è stata più quella di prima: dolori persistenti alla zona addominale, che le hanno sviluppato anche una patologia psicologica, e pesanti ripercussioni anche sui suoi progetti di vita. Le consulenze specialistiche a cui si è sottoposta, infatti, hanno evidenziato che la presenza di cicatrici e aderenze, con l’aumento del volume dell’utero, avrebbero potuto causarle seri problemi in caso di gravidanza. La donna ha quindi deciso di chiedere i danni all’Azienda Sanitaria, che però ha sempre negato ogni responsabilità: per questo ha deciso di rivolgersi a dei legali che hanno acquisito e vagliato tutta la documentazione clinica e sottoposto la propria assistita a diverse visite medico legali con i propri esperti, cogliendo plurimi elementi di malpractice medica nell’operato dei sanitari e decidendo di agire di conseguenza.

La causa legale

Dopo alcuni tentativi possibili per risolvere la controversia in via stragiudiziale ma, di fronte al muro eretto dalla controparte, è scattata la citazione in causa avanti il Tribunale di Udine. I giudici hanno inizialmente rigettato la domanda ma, in un secondo momento, la Corte d’Appello di Trieste ha rinnovato la consulenza medico legale e il perito incaricato ha concluso che “emergono concrete criticità in relazione alla procedura bioptica, pur effettuata con guida ecografica e non a mano libera: i comportamenti omissivi, rappresentati dalla non documentata effettuazione della ecografia post-operatoria (tanto più dovuta in presenza di un ago piegato nel corso della procedura), e dalla non documentata effettuazione del monitoraggio hanno ritardato l’individuazione delle complicanze che, se tempestivamente rilevate, avrebbero quantomeno ridotto le conseguenze dannose poi verificatesi, ossia limitato il danno”. Il medico ha anche evidenziato come, in assenza di complicazioni, la metodica dell’esame in questione “raccomandi una temporanea degenza di almeno 6 ore”, a fronte delle appena tre disposte nella circostanza.
La seconda sezione civile della Corte d’Appello triestina ha così ritenuto “fondato” l’appello.

Va affermata - recita la sentenza - la responsabilità dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine per l’ematoma intraepatico e peritoneo sofferti da (omissis) a causa del negligente e imperito trattamento successivo all’intervento di agobiopsia epatica a lei praticato e, conseguentemente, la stessa Azienda Sanitaria va condannata a risarcire il danno patito dalla paziente, oltre a rifonderle le spese di lite”.

L'esito

Tra danno fisico - le è stata riconosciuta un’invalidità permanente dell’11%, senza contare contare i lunghi periodi di temporanea - e danno morale, spese mediche, di causa e di lite e interessi maturati in oltre un decennio, l’Azienda Ospedaliera di Udine dovrà pagare circa 98mila euro: è stata condannata a risarcire anche le spese di assistenza stragiudiziale, essendosi rifiutata di presenziare all’incontro per il tentativo di mediazione obbligatorio e avendo formulato un’offerta inaccettabile di 17mila euro, “rendendo vana ogni attività per evitare di ricorrere all’autorità giudiziaria”.
 

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